Ancora su felicità e Pil

di Giampaolo Galli, Inpiù, 18 luglio 2021


Da vari anni, molti esperti di materie economiche e sociali criticano il Pil in quanto non sarebbe in grado di valutare aspetti molto importanti del benessere delle persone e delle collettività. In molti paesi sono state introdotte misure aggiuntive rispetto al Pil; in Italia, il Documento di Economia e Finanza deve contenere, per legge, alcuni indicatori del BES (Benessere Equo e Sostenibile). Il punto di riferimento per questo filone di indagini è il World Happiness Report (WHR) redatto da un gruppo di esperti indipendenti, guidati da Jeffrey Sachs, dopo che, nel 2011, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò una mozione che invitava a dare più importanza alla felicità. Sulla base dei suggerimenti dei massimi esperti di psicometria, la felicità viene misurata sulla base della scala di Cantril: in sostanza, si chiede alle persone (almeno 1.000 in 167 paesi) di valutare la soddisfazione della propria vita su una scala da 0 a 10. La felicità di un paese è la media semplice delle risposte. Si possono avere mille perplessità su questa metodologia. Ma il risultato ha dell’incredibile perché le differenze nella felicità fra paesi riflettono in larghissima misura e con poche eccezioni quelle del Pil. Risultati analoghi si ottengono con misure diverse del benessere come quella utilizzate dall’OCSE. Ciò non significa che non siano importanti altre variabili come l’efficienza del sistema sanitario, la qualità dell’ambiente, la libertà di espressione, la qualità delle istituzioni, il livello di istruzione, il grado di coesione all’interno di ogni comunità; ma in media queste variabili sono migliori dove il Pil è più alto.     

Tenuto conto, con il metodo della regressione multipla, delle altre variabili che possono incidere sulla felicità, si scopre che se l’Italia – che si posiziona al 25esimo posto – avesse il Pil della Germania, supererebbe la Francia e arriverebbe a ridosso della Gran Bretagna, ma non arriverebbe al posto della Germania perché penalizzata dall’alto livello della corruzione percepita. Se invece avesse il Pil dell’Uganda – il paese più povero del campione – sarebbe più o meno infelice come l’Uganda.

Questi risultati sono tutt’altro che banali. Si potrebbe infatti immaginare che la felicità, o comunque la valutazione soggettiva della propria vita, sia determinata da fattori del tutto diversi dal Pil, ad esempio, da fattori culturali e religiosi. Oppure potrebbe essere determinata dal benessere relativo delle persone all’interno della propria comunità. In entrambi i casi i risultati sarebbero del tutto non correlati con le differenze nel Pil fra paesi.

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In realtà, in un mondo globalizzato, un residente medio dell’Uganda a. si preoccupa del benessere materiale e b. si confronta non con i propri concittadini, ma con gli europei o gli americani, di cui conosce bene il superiore tenore di vita. Con tutte le conseguenze, buone e cattive, che ciò comporta, soprattutto in tema di migrazioni.

I più felici sono i paesi nordici che non sempre sono in assoluto i più ricchi. Il motivo- secondo il WHR- è che hanno istituzioni migliori, poca corruzione e più possibilità di scelta nella vita; enon è più vero che hanno il record dei suicidi, come invece accadeva negli anni settanta.

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