Salario minimo e la libertà di associazione sindacale

di Giampaolo Galli, Inpiù, 29 luglio 2023

Le obiezioni alla proposta delle opposizioni sul salario minimo

Non ho obiezioni all’idea di fissare un minimo per legge. Ho però fortissime obiezioni alla proposta di legge che è stata presentata dalle opposizioni, perché è lesiva della libertà di associazione e probabilmente inapplicabile. Il salario minimo non è sovietico, ma la proposta delle opposizioni ha un sapore fra il bolscevico e il corporativo (nel senso della Camera dei Fasci e delle Corporazioni).

Il problema è l’estensione erga omnes, ossia nei confronti di tutte le aziende e tutti i lavoratori di un determinato settore, dei contratti nazionali firmati delle “associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale”. Il settore cui ci si riferisce è quello in cui “il datore di lavoro opera e svolge effettivamente la sua attività”.

Dunque per cominciare ci deve essere un ufficio centrale che stabilisce che una data azienda appartiene a un determinato settore, perché lì svolge effettivamente la sua attività Non è chiaro cosa sia un settore (i 3mila settori dei codici Ateco a 6 cifre?) e soprattutto non è chiaro come si faccia stabilire il confine fra Confindustria, Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti, Confimprese, Confapi, Cna ecc. oppure quanto sono rappresentativi sindacati come UGL, Cisal, Cobas, Cub, Orsa ecc.? Ammesso e non concesso che si trovi un modo per stabilire i confini e la rappresentatività, migliaia di imprese dovrebbero cambiare contratto, il che in qualche caso può essere vantaggioso per l’impresa – nel qual caso sarebbe inaccettabile per lavoratori – in altri può essere vantaggioso per i lavoratori – e allora sarebbe inaccettabile per l’impresa. Il punto chiave è che una volta che un’impresa è inquadrata, il datore di lavoro e i lavoratori non hanno altra scelta se non quella di applicare il contratto che è stato loro assegnato. E che succede se un’azienda vuole fare un altro contratto, come quello ad esempio che di Stellantis che è stato rinnovato solo pochi mesi fa? Che succede se i lavoratori di un’azienda non sono soddisfatti del contratto di categoria in cui sono inquadrati e vogliono farsi una loro associazione sindacale o un Cobas? Come può una legge impedire ai lavoratori o anche alle aziende di costituire una propria associazione sindacale?

Si dirà che i casi di defezione da CGIL-CISL-UIL o da Confindustria, Confcommercio, Confartigianato ecc. sono rari. Ma questo è vero solo perché oggi non esiste un erga omnes per decreto e dunque queste associazioni hanno il problema, anzi l’assillo quotidiano, di garantirsi il consenso dei propri iscritti; altrimenti, perdono quote associative e sono colpiti nel vivo del loro portafoglio. Non così un domani perché con l’erga omnes per decreto le grandi organizzazioni potranno dormire sonni tranquilli. I loro dirigenti, liberati dall’assillo del consenso, avrebbero tutto l’interesse a ingraziarsi il governo di turno, in vista di qualche incarico. Ne soffrirebbe la libertà di espressione in tutto il paese.

E non è vero che la proposta si limita ad applicare l’erga omnes sindacale ai minimi. Fa ben altro in quanto il contratto si applicherebbe nella sua interezza a tutti i lavoratori del settore, quale che sia il loro inquadramento; l’estensione erga omnes riguarda infatti “il trattamento economico complessivo”, quello che soddisfa il requisito costituzionale di “retribuzione complessiva sufficiente e proporzionata alla quantità e qualità del lavoro”. E che succede ai quadri? E ai dirigenti? Che succede ad associazioni come Federmanager? E, in ogni caso, chi stabilisce chi è un quadro e chi è un dirigente? Il che poi è lo stesso problema di stabilire chi è un operaio di prima o di seconda categoria o se un’impresa è industriale o artigiana. Oggi tutti questi aspetti sono definiti consensualmente dalle parti sociali. Invece, una volta approvato l’erga omnes, anche per questo occorrerebbe un ufficio centrale. Ecco perché il salario minimo non è sovietico, ma questa proposta è un po’ bolscevico-corporativa e comunque fa ben altro – e molto molto di più – che stabilire un salario minimo.

29/07/2023, #Inpiù, Giampaolo Galli