Tetto al prezzo del gas: si può fare, ma…

…ma è una scelta strategica che potrebbe avere conseguenze sociali rilevanti.
di Giampaolo Galli, Inpiù, 29 marzo 2022

In un documento preparato per i vertici dei giorni scorsi la Commissione europea ha analizzato i pro e i contro di sei delle tante ipotesi che sono state avanzate per calmierare i prezzi del gas e dell’energia elettrica. Quasi tutti comportano che lo Stato si accolli una parte del costo della materia prima. Ad esempio, un tetto sul prezzo dell’energia elettrica comporta che gli Stati compensino le aziende che producono elettricità, se il prezzo del gas sul mercato diventa insostenibile. Lo stesso accadrebbe se si mettesse un tetto alle transazioni intra-europee di gas. Chi lo compra dall’estero ad un prezzo più alto – perché altrimenti smetterebbe di produrre – deve essere compensato dallo Stato. La compensazione è necessaria anche per impedire che le navi metaniere si dirigano verso l’Asia se là i prezzi del gas risultassero più alti che in Europa.

La vera carta da giocare sarebbe quella di mettere un tetto sugli acquisti dall’estero, negoziando bilateralmente con ciascuno dei fornitori, in primis la Russia. Si può fare? Non si violano le leggi del mercato? La risposta è che sì, si può fare e quando c’è una guerra il mercato può attendere. Ma bisogna essere consapevoli delle conseguenze. Dire alla Russia che l’Europa mette un tetto agli acquisti, (in violazione dei contratti, ma transeat), equivale ad aprire un nuovo fronte di scontro sul terreno delicatissimo dell’energia. Si dice che la UE è un quasi monopsonista del gas russo (e quindi ha potere di mercato), ma non può essere trascurato che la Russia è a sua volta un quasi monopolista e quindi anch’essa ha potere di mercato. Non si sa dunque come andrebbe a finire il braccio di ferro e il rischio è quello di avere delle interruzioni dell’offerta di gas, in funzione di come reagirebbe la Russia. Facciamolo dunque, se vi è il consenso per farlo. Ma diciamo le cose come stanno: il tetto sul gas russo non può essere presentato come un modo relativamente indolore per tagliare le unghie agli speculatori a vantaggio dei consumatori. È una scelta politico-strategica di prima grandezza che potrebbe avere rilevanti conseguenze economiche e sociali. Purtroppo, come spesso succede, la faccenda è un po’ più complessa di come la si racconta.

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