Parlamento, i dossier dei Servizi Bilancio

di Giampaolo Galli, Giorgio Musso e Stefano Olivari

23 dicembre 2020

Le quantificazioni delle norme e le relative coperture che accompagnano, per obbligo di legge, ogni atto normativo proposto dal Governo dovrebbero essere oggetto di un’attività di verifica sistematica da parte del Parlamento e in particolare da parte delle commissioni bilancio. Il supporto tecnico a quest’attività è fornito dai Servizi Bilancio della Camera o del Senato; questi servizi svolgono un’attività poco nota al grande pubblico, ma importante, che si concretizza, tra l’altro, in dossier relativi ai profili finanziari sulle diverse leggi.

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Il Governo non è tenuto a dare risposta alle osservazioni dei dossier tecnici, a meno che queste non siano oggetto di richieste specifiche nel corso della discussione parlamentare. Nella maggior parte dei casi, le osservazioni non vengono riprese nella discussione e comunque rimangono senza risposta, il che non aiuta la trasparenza del processo di definizione dei profili finanziari delle leggi.

Ciò avviene malgrado il fatto che la legge del 2009, che regola la contabilità pubblica, preveda una robusta attività di verifica dei profili finanziari delle norme da parte del Parlamento ed elenchi minuziosamente gli ambiti in cui si deve svolgere tale attività. Questo stato di cose è una delle tante conseguenze negative del modo frettoloso con cui si fanno le leggi e del numero spesso esorbitante di articoli, commi ed emendamenti che vi afferiscono. In questo contesto, caratterizzato da continuo affanno politico e organizzativo, la Ragioneria Generale dello Stato svolge spesso il proprio delicato compito in condizioni pressoché proibitive. Rimane il fatto che i dossier contengono osservazioni importanti a cui non viene data l’attenzione che meriterebbero. In questa nota si prende ad esempio il Disegno di Legge di Bilancio per il 2021 e si esaminano le principali osservazioni formulate dai Servizi Bilancio della Camera e del Senato. Lo scopo è quello di individuare le tipologie di osservazioni che ricorrono con maggiore frequenza, di esporle in un linguaggio accessibile ai non addetti ai lavori e di mettere in evidenza che tali osservazioni meriterebbero una maggiore attenzione da parte della stampa economica e, soprattutto, delle commissioni parlamentari competenti e del Governo.

L’articolo 17 della legge che regola la contabilità pubblica (L. 31 dicembre 2009, n. 196) prevede al comma 3 che nella Relazione Tecnica (RT) che accompagna tutti i provvedimenti del Governo siano indicati “i dati e i metodi utilizzati per la quantificazione, le loro fonti e ogni elemento utile per la verifica tecnica in sede parlamentare…”. L’art. 4 della stessa legge affida alla responsabilità dei Presidenti delle due Camere il compito di adottare “intese volte a promuovere le attività delle due Camere, anche in forma congiunta, nonché l’integrazione delle attività svolte dalle rispettive strutture di supporto tecnico”. E ciò al fine di “favorire lo svolgimento congiunto dell’attività istruttoria utile al controllo parlamentare e di potenziare la capacità di approfondimento dei profili tecnici della contabilità e della finanza pubblica da parte delle commissioni parlamentari competenti”. I compiti di verifica delle quantificazioni e delle previsioni finanziarie vengono elencati minuziosamente.[1] Questo impianto normativo non lascia dubbi sull’intenzione del legislatore di dare grande rilievo all’attività di verifica e controllo della finanza pubblica da parte del Parlamento.

Un momento importante di tale attività consiste nella predisposizione dei dossier relativi ai profili finanziari delle varie leggi da parte dei Servizi Bilancio della Camera e del Senato.[2]Questi dossier sono redatti da strutture tecniche specializzate, peraltro fortemente sottodimensionate come numero addetti, il cui compito è quello di fornire un supporto alla discussione parlamentare. Alle osservazioni dei due Servizi il Governo non è dunque tenuto a fornire risposte a meno che le stesse non siano oggetto di specifiche richieste in sede di discussione. Il fatto è che pochissime delle osservazioni contenute nei dossier ottengono una risposta da parte del Governo e raramente tali risposte sono rintracciabili nei resoconti, sempre sintetici, delle commissioni. Ciò è in parte una delle tante conseguenze negative del modo frettoloso con cui si fanno le leggi e del numero spesso esorbitante di articoli, commi ed emendamenti che vi afferiscono. In questo contesto, caratterizzato da continuo affanno politico e organizzativo, la Ragioneria Generale dello Stato (RGS) svolge spesso il proprio delicato compito in condizioni pressoché proibitive. Rimane il fatto che i dossier contengono osservazioni importanti a cui non viene data l’attenzione che meriterebbero.

Il Disegno di Legge di Bilancio 2021

Si esamina di seguito, a titolo di esempio, il Dossier pubblicato il 25 novembre scorso nella collana congiunta dei due Servizi Bilancio sul Disegno di Legge di Bilancio 2021 (A.C. 2790-bis).[3] Si è ovviamente consapevoli che in questo caso la legge è stata scritta in condizioni di eccezionale urgenza per via della pandemia da Covid-19; tuttavia, l’analisi qui svolta a titolo esemplificativo è abbastanza rappresentativa, in quanto osservazioni di analogo tono e spessore tecnico sono state avanzate con riferimento a tantissimi provvedimenti assunti prima dello scoppio della pandemia.[4]

Più di metà dei 210 articoli che compongono il disegno di legge è oggetto di almeno un’osservazione; molti articoli sono oggetto di più osservazioni.

Le tipologie di osservazioni più ricorrenti possono essere raggruppate in alcune categorie di seguito illustrate:

  1. mancanza di elementi informativi;
  2. coerenza fra i tetti di spesa previsti e le finalità della norma;
  3. utilizzo effettivo pregresso di benefici o agevolazioni;
  4. mancanza di chiarezza su quali misure siano già scontate nel tendenziale; 
  5. mancanza di informazioni per capire gli effetti differenziali sui diversi saldi di finanza pubblica;
  6. mancanza di un prospetto riepilogativo su spese e coperture pluriennali. 

1 – Mancanza di elementi informativi

La maggior parte delle osservazioni del Dossier indicano che nella Relazione Tecnica (RT) non ci sono informazioni sufficienti, riguardo ai dati o alle ipotesi, per consentire una valutazione adeguata delle quantificazioni. In alcuni casi, la mancanza di informazioni nella RT riguarda elementi precisi. Ciò accade, ad esempio, all’articolo 12 comma 1 lettera a), che estende al 2021 la detrazione IRPEF per le spese di riqualificazione energetica; chi effettua questi interventi può detrarre il 65 per cento della spesa sostenuta.[5] Secondo la RT, la misura grava sull’indebitamento netto per quasi 100 e 262 milioni rispettivamente nel 2022 e nel 2023. L’osservazione critica è che la RT non considera il fatto che il beneficiario della norma può: detrarre direttamente la spesa dalle proprie imposte, cedere a terzi il credito che vanta nei confronti dello Stato, oppure utilizzare il credito a compensazione dell’intervento realizzato dal fornitore, il quale si rifarà a sua volta sullo Stato. A differenza delle prime due opzioni, in cui la detrazione è recuperabile in 10 anni, nella terza lo sconto fiscale è distribuito solo su 5 anni. Il Dossier osserva che la RT non prende in considerazione i possibili effetti di questa terza possibilità, che comporta evidentemente un maggior onere per lo Stato nel prossimo quinquennio.

In altri casi, invece, il Dossier evidenzia una mancanza generica di informazioni, che si riscontra ad esempio all’articolo 109. Con questa norma viene abolita dal 2021 l’imposta regionale sulla benzina per autotrazione, con un impatto negativo sui saldi di finanza pubblica di 95 milioni annui. Il Dossier “evidenzia che la RT non fornisce i dati posti alla base della quantificazione, non appare pertanto possibile verificare la stima fornita dalla stessa relazione” (pag. 151 del Dossier).

In casi come questi, si può ragionevolmente argomentare che non sono soddisfatti gli obblighi di completezza e trasparenza che, come si è detto, sono invece imposti in modo tassativo e minuzioso dalla legge del 2009.

2 – Coerenza fra i tetti di spesa previsti e la finalità della norma

Molte misure delle DDL Bilancio sono configurate come “limiti massimi di spesa”, il che significa che non è possibile spendere più di quanto preventivato dalla norma. Questo fatto non pone di per sé problemi per la quantificazione delle misure in questione. Tuttavia, sarebbe utile capire come siano stati calcolati i limiti massimi di spesa per poter valutare se siano congrui rispetto alla finalità che la misura intende perseguire.

Questa osservazione è riscontrabile, tra gli altri, nell’articolo 80, inerente al “Fondo sanità vaccini”. Con l’istituzione di questo fondo vengono stanziati 400 milioni per l’acquisto di vaccini e farmaci contro l’epidemia di Covid-19 nel 2021. Il problema è che la norma non specifica quale sia un probabile intervallo di prezzi per l’acquisto di una singola dose, rendendo quindi pressoché impossibile capire quante dosi si potranno verosimilmente acquistare con la dotazione prevista. Il Dossier si limita ad osservare che “non sono peraltro fornite dalla relazione tecnica indicazioni riguardo alla congruità dell’importo rispetto alle finalità perseguite con l’istituzione del Fondo in esame” (pag. 118 del Dossier). Andando oltre, è evidente che, almeno in questo caso, la norma continuerà ad essere efficace – i vaccini continueranno ad essere fatti – anche qualora lo stanziamento iniziale si rivelasse insufficiente. Dal punto di vista formale, si può argomentare che questo non è un grave problema, perché al superamento del tetto di spesa si potrà emanare in corso d’anno una nuova norma con adeguata copertura. Dal punto di vista sostanziale, però, la prassi di prevedere tetti di spesa che poi si rivelano insufficienti priva la Legge di Bilancio del suo compito precipuo, che è quello di fornire un quadro sufficientemente affidabile, a meno di eventi eccezionali, dell’andamento programmato dei conti pubblici dell’anno successivo. Dal punto di vista sostanziale, si può dunque argomentare che la norma non è correttamente coperta. Peraltro, proprio la legge del 2009, nell’allegato 1 sui principi contabili, al punto 22, enuncia “il principio della prevalenza della sostanza sulla forma”, inteso come “una specificazione del principio della veridicità”.

3 – Utilizzo effettivo pregresso di benefici o agevolazioni

In molti casi, il DDL Bilancio prevede la proroga di misure già esistenti. Per alcune di esse, il Dossier fa notare che la quantificazione della RGS non sembra tener conto del grado di utilizzo effettivo della misura proposta. Infatti, accade spesso che, per quantificare la proroga di misure introdotte nel passato, la RGS utilizzi la stessa metodologia di stima impiegata per l’ultima proroga delle misure in esame, senza considerare “il tiraggio” effettivo della norma, ossia in quale misura essa sia stata utilizzata nel corso del tempo.

Un esempio è dato dall’articolo 12 comma 1 lettera b) che proroga al 2021 la detrazione al 50 per cento (anziché al 36) per le ristrutturazioni edilizie e per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici. L’ultima proroga di tale misura è avvenuta con la Legge di Bilancio per il 2020 e la RT utilizza gli stessi criteri utilizzati allora senza considerare l’effettivo tiraggio della norma, che potrebbe esser stato inferiore a quello ipotizzato inizialmente. La critica qui è sottile e la si comprende alla luce del fatto che i cosiddetti effetti indotti, che si fondano su un’ipotesi di emersione del nero, danno luogo a un maggior gettito IVA nel 2021 e solo successivamente a un minor gettito delle imposte dirette che beneficiano del credito. La RT quantifica in 28 milioni il maggior gettito (tutto dovuto all’effetto di emersione dell’IVA) della norma nel 2021. Quei 28 milioni nel 2021 potrebbero non essere veritieri se il tiraggio della norma fosse stato inferiore o anche se, a parità di tiraggio, l’effetto di emersione del nero fosse stato inferiore a quello ipotizzato.

4 – Mancanza di chiarezza su quali misure siano già scontate nel tendenziale

Il Dossier evidenzia che parte dell’onere di alcune misure viene scontato dalla RT direttamente nei tendenziali di finanza pubblica, rendendo quindi complicata l’individuazione del reale effetto oneroso aggiuntivo prodotto da una nuova norma rispetto alla legislazione vigente. Questo problema emerge, ad esempio, con riferimento all’articolo 200, che abroga l’imposta sui trasferimenti di denaro all’estero effettuati per mezzo degli istituti di pagamento, i c.d. “money transfer”. Qui il Servizio di Bilancio fa notare che, pur in presenza del venir meno di un’imposta, la RT non registra minori entrate sui saldi di finanza pubblica “poiché il mancato gettito è già stato incluso nell’aggiornamento delle previsioni tendenziali di finanza pubblica elaborate in occasione della Nadef” (pag. 273 del Dossier). Il Dossier si ferma qui, notando che “le previsioni [tendenziali] dovrebbero riflettere gli effetti della vigente legislazione, ivi comprese l’imposta in esame, tuttora in vigore” e chiede chiarimenti (pag. 273 del Dossier).

A queste considerazioni, aggiungiamo che la Nota di Aggiornamento al DEF non fa menzione di questa imposta e della sua abolizione. E comunque, il tendenziale non poteva tenere conto di una norma non ancora proposta dal Governo e, soprattutto, non ancora approvata dal Parlamento. A questa particolare imposta venivano attribuiti effetti molto modesti (63 milioni all’anno) e tuttavia si comprende che qui sono in gioco questioni di principio importanti che riguardano sia la trasparenza dei conti, sia il rapporto fra Governo e Parlamento in una materia fondamentale come la tassazione.

Per questi motivi appare del tutto giustificata una richiesta di chiarimento da parte del Parlamento al Governo.

5 – Mancanza di informazioni per capire gli effetti differenziali sui diversi saldi di finanza pubblica

In numerosi casi non sono chiare le motivazioni che inducono la Ragioneria ad imputare effetti differenti sui diversi saldi.[6] Questa mancanza si riscontra, ad esempio, all’articolo 24, con il quale si prevede di istituire un fondo per l’attrazione di investimenti volti alla riqualificazione, rigenerazione e creazione di infrastrutture per aree e beni dismessi della PA. La RT indica per questa misura un costo, in termini di saldo netto da finanziare, pari a 36 milioni nel 2021, a 72 milioni nel 2022 e a 147 milioni nel 2023, per un totale di 255 milioni. Tuttavia, nel prospetto riepilogativo della RT si indica un costo molto minore in termini di fabbisogno e indebitamento netto: 1 milione nel 2021, 17 milioni nel 2022 e 30 milioni nel 2023, per un totale di solo 48 milioni. Il Dossier si limita a osservare questa discrepanza e a chiedere chiarimenti. Verosimilmente l’ipotesi sottostante la proiezione del Governo è che la maggior parte delle spese verrà sostenuta dopo la fine del triennio, ma la RT non esplicita le motivazioni sottostanti questi andamenti. Il punto chiave ovviamente consiste nel fatto che la spesa prevista è piuttosto elevata nel complesso, ma è molto modesta, e dunque facilmente finanziabile, in termini di cassa e di indebitamento nel 2021.

6 – Mancanza di un prospetto riepilogativo su spese e coperture pluriennali

Molti provvedimenti hanno un orizzonte temporale che va oltre il triennio 2021-2023 considerato nel prospetto riepilogativo. La conseguenza è che diventa difficile avere un quadro d’assieme dell’equilibrio fra entrate e uscite nel medio termine. Questo problema riguarda, ad esempio, l’articolo 158, con il quale viene istituito un fondo per finanziare le assunzioni di personale a tempo indeterminato indicate nei ben 37 commi del successivo articolo 159. I maggiori oneri sono configurati nella norma come tetti di spesa e aumentano nel tempo, da 36 milioni nel 2021 a 315 milioni nel 2033. Il Dossier evidenzia che gli oneri hanno “una progressione più marcata negli ultimi anni del periodo considerato ai fini della stima, anni che non sono compresi nel prospetto riepilogativo… che è limitato al triennio 2021-2023 … appare [quindi] opportuno acquisire una valutazione del Governo in merito alla coerenza di tale dinamica di spesa rispetto alle proiezioni oltre il triennio del quadro finanziario complessivo esposto nel prospetto riepilogativo allegato al disegno di legge in esame. Ciò al fine di verificare se possano determinarsi effetti di maggior onere oltre il triennio e la complessiva compatibilità finanziaria del provvedimento in esame, tenendo conto anche che la spesa in questione, essendo riferita ad oneri di personale presenta una ridotta rimodulabilità” (pag. 193 del Dossier).[7]

Il linguaggio è cauto, ma la sostanza è che non è facile capire quale sia l’eredità di questa Legge di Bilancio per i deficit degli anni successivi al triennio. Il punto è particolarmente rilevante quando si tratta di assunzioni a tempo indeterminato che evidentemente non sono facilmente rimodulabili.

Questa osservazione è particolarmente importante alla luce della preoccupazione emersa nel giudizio della Commissione Europea, secondo cui la Legge di Bilancio prevede spese aggiuntive a carattere permanente per ben l’1,1 per cento del Pil. Il che comporta che alla fine della crisi sanitaria l’Italia si troverà non solo con un debito, ma anche un deficit più alto di quello precedente la crisi.[8]

I fondi europei

Un discorso a parte merita infine la questione dei 209,7 miliardi di fondi europei relativi al programma Next Generation EU (NGEU).[9] Una parte consistente di queste risorse viene utilizzata attraverso il “Fondo di rotazione per l’attuazione del Next Generation EU”, istituito dall’articolo 184, che anticipa 120,7 miliardi nel triennio.[10]

Il Dossier osserva che la RT attribuisce i costi dei fondi al solo saldo netto da finanziare e non agli altri due saldi. Ciò può essere comprensibile per la quota di contributi a fondo perduto, che non hanno un impatto netto sul deficit, e per i prestiti sostitutivi, ossia che finanziano spese già programmate, ma non certo per la quota di prestiti che finanziano interventi aggiuntivi, alcuni dei quali vengono elencati nella tabella riassuntiva della RT, ma solo per memoria. Con riferimento a questi prestiti il Dossier osserva che “l’effetto di copertura non potrebbe in ogni caso realizzarsi in quanto i prestiti, avendo natura finanziaria, non potrebbero essere registrati come risorse ai fini del deficit… Pertanto, per tale componente di finanziamento dovrebbe in ogni caso determinarsi un impatto negativo sul saldo di indebitamento netto, che non viene invece segnalato nel prospetto riepilogativo” (pag. 16 del Dossier). Il Dossier si ferma a questo punto, chiedendo chiarimenti al Governo.

Andando oltre, l’unica spiegazione che si può dare di questa scelta della RT è che l’intenzione del Governo sia quella di utilizzare nel primo triennio (quello che rileva ai fini della RT) le sole sovvenzioni ed eventualmente la componente dei prestiti destinata a finanziare interventi già previsti e non aggiuntivi. Va osservato tuttavia che questa spiegazione non viene fornita nella RT e non sembra coerente con la Nadef, dove si afferma che il Governo prevede di impiegare una quota di prestiti aggiuntivi già nel prossimo triennio; in quella sede si affermava infatti: “Inoltre, si è assunto un parziale ricorso ai prestiti della RRF in deficit” (pag. 11 della Nadef). Rimane dunque un notevole punto interrogativo su quale sia la programmazione finanziaria relativa all’utilizzo dei fondi europei. 


[1] Fra i principali compiti, la legge elenca: “a) monitoraggio, controllo e verifica degli andamenti della finanza pubblica…c) analisi del contenuto informativo necessario dei documenti trasmessi dal Governo…d) verifica delle metodologie utilizzate dal Governo per la copertura finanziaria delle diverse tipologie di spesa, nonché per la quantificazione degli effetti finanziari derivanti da provvedimenti legislativi, e identificazione dei livelli informativi di supporto della quantificazione … e) analisi delle metodologie utilizzate per la costruzione degli andamenti tendenziali di finanza pubblica… nonché riscontro dei contenuti minimi di raccordo tra andamenti tendenziali e innovazioni legislative”.

[2] Per il Servizio Bilancio della Camera si veda al link: https://www.camera.it/leg18/126?tab=1&leg=18&idDocumento=2790-bis&sede=&tipo=;

Per il Servizio Bilancio del Senato: https://www.senato.it/3182?newsletter_item=1439&newsletter_numero=136

[3] Si veda: https://documenti.camera.it/Leg18/Dossier/Pdf/VQ2790BIS_SecondaEdizione.Pdf

[4] Sul contenuto del Disegno di Legge di Bilancio si veda: https://osservatoriocpi.unicatt.it/cpi-archivio-studi-e-analisi-osservazioni-al-disegno-di-legge-di-bilancio-2021-2023

[5] A seconda della classe di risparmio energetico raggiunta, la percentuale di spesa detraibile può ridursi al 50 per cento, mentre può aumentare fino all’85 per cento laddove l’intervento riguardi abitazioni su suolo sismico. 

[6] L’indebitamento netto è il saldo del conto economico delle amministrazioni pubbliche (centrali, locali e gli enti nazionali di previdenza e assistenza) ed è basato sul sistema dei conti SEC armonizzato a livello Europeo. Il saldo netto da finanziare si riferisce alle sole amministrazioni centrali (ministeri, agenzie fiscali e varie tipologie di enti): è il risultato della differenza tra le entrate finali (compresi i rimborsi anticipazioni e crediti vari) e le spese finali (comprese l’acquisizione di attività finanziarie). Segue un principio contabile per cassa. Il fabbisogno si riferisce alle pubbliche amministrazioni, è dato dalla differenza fra incassi finali e pagamenti finali e rappresenta la principale componente della variazione annuale dello stock di debito pubblico.

[7] Sottolineature presenti nel testo originale.

[8] Si veda https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/economy-finance/opinion_on_dbp_italy.pdf

[9] Nella Nadef 2020 erano previsti 205 miliardi (tabella a pag. 12), di cui 127,6 di prestiti e 77,4 di sovvenzioni (di cui 65,4 di Recovery and Resilience Facility, 10 del fondo React-Eu e 2 miliardi di altri fondi). All’art. 184 del DDL Bilancio si dice che i fondi relativi al React-Eu, interamente rappresentati da sovvenzioni, sono pari a 14,7 miliardi, cioè 4,7 miliardi in più. Quindi il totale delle risorse europee sale a 209,7 miliardi (=205+4,7) e le sovvenzioni a 82,1 (=77,4+4,7).

[10] Altri 500 milioni vengono stanziati con il “Fondo di attuazione di misure relative a politiche attive e politiche sociali” legate al programma React-Eu, istituito con l’articolo 57.

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