Il miei due cents su Mario Draghi

Giampaolo Galli: “Draghi è un pragmatico senza ideologie”

di Roberto Petrini

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Intervista all’economista: “Fu il protagonista delle privatizzazioni nella seconda metà degli Anni Novanta perché quella era la cosa di fare allora. Non perché sposasse il liberismo ma perché bisognava entrare nell’euro”

ROMA – Giampaolo Galli ha quattro anni meno di Draghi. Come lui è economista, come lui ha studiato nella famosa classe dell’Mit di Boston del Nobel Franco Modigliani, dove c’erano anche Francesco Giavazzi, Franco Bruni, Mario Baldassarri, Riccardo Faini e Tommaso Padoa-Schioppa. Con Mario Draghi ha lavorato fianco a fianco nei primi anni Novanta quando si giocarono i destini della futura moneta unica: Galli era l’uomo del governatore della Banca d’Italia Ciampi per i rapporti con l’Europa e Draghi era direttore generale del Tesoro. Giampaolo Galli, già parlamentare del Pd e direttore generale della Confindustria, conosce bene Draghi e il Paese e può aiutarci a scoprire chi è e cosa pensa il presidente del Consiglio incaricato.

Professor Galli, chi è Mario Draghi?

“Direi tre cose di Mario Draghi”.

La prima?

“La prima è che è sbagliato descriverlo come un banchiere anche se ha fatto per un breve periodo a Goldman Sachs; è un servitore dello Stato”.

Seconda?

“In secondo luogo è una persona pragmatica. Questo significa che non ha senso parlare di Draghi come uomo dell’austerità solo perché nell’agosto del 2011 firmò la famosa lettera con Trichet al governo italiano in cui chiedeva tagli alla spesa pubblica. Tanto è vero che negli anni successivi, come presidente della Bce, fece due passi fondamentali che sono agli antipodi della austerità: il whatever it takes nell’estate del 2012 fu cruciale per ridurre gli spread di molti paesi tra cui il nostro e poi il quantitative easing che iniziò nel 2015 e dura tuttora”.

La terza?

“La terza è la capacità di tessere relazioni e convincere: il whatever it takes ebbe successo senza che la Bce dovesse sborsare un solo euro perché i mercati capirono che Draghi aveva l’appoggio dei principali governi dell’Eurozona checché ne pensasse la Bundesbank. Il suo predecessore Trichet, che aveva tentato la stessa operazione, ma senza l’appoggio dei governi, fece spendere alla Bce molti soldi”.

C’è un metodo Draghi?

“Si pone sempre con grande semplicità e modestia. Rispetta le persone e le competenze”.

Un po’ come Ciampi.

“Direi di sì, da questo punto di vista fa gioco di squadra. Negli anni Ottanta capitava di incontrarci quando io lavoravo al modello econometrico in Banca d’Italia: come accadeva spesso nelle riunioni Ciampi chiedeva il suo parere e Draghi non mancava mai di esordire esprimendo il massimo rispetto per il lavoro di ciascuno di noi. Una cifra che ha sempre mantenuto”.

Una curiosità: è un freddo come si dice?

“Lo definirei più un uomo controllato che tuttavia quando si trova nella funzione pubblica combatte per raggiungere il risultato”.

Su Google le nuove generazioni chiedono se è di destra o di sinistra. Chi lo tira a sinistra ricorda la sua laurea con Caffè chi lo vede più liberista ricorda la sua amicizia zia con Giavazzi. Lei come la vede?

“Raramente ho sentito Mario Draghi esprimersi in termini ideologici. Fu il protagonista delle privatizzazioni nella seconda metà degli Anni Novanta perché quella era la cosa di fare allora non perché lui sposasse una ideologia liberista ma perché bisognava entrare nell’euro. In lui vedo più

Qui il link al sito di Repubblica

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