“La fiducia a sostegno della crescita” Giampaolo Galli su Il Sole 24 Ore – 21/03/2015

Negli ultimi anni per descrivere la condizione dell’economia italiana in molti abbiamo fatto ricorso all’immagine del baratro. Espressioni del tipo “siamo sull’orlo del baratro” oppure “ci siamo allontanati dal baratro” sono diventate di uso corrente e ancora oggi condizionano fortemente il nostro modo di pensare. Un’immagine diversa e forse più appropriata è quella del crinale. Il punto chiave nell’immagine del crinale è che piccole differenze nelle condizioni iniziali possono fare una grande differenza negli esiti successivi, come nel caso dello scalatore che può precipitare o arrivare in vetta sano e salvo, a seconda che metta il piede nel punto giusto oppure un millimetro più in là.

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Giampaolo Galli: intervento in Aula sulla riforma delle banche popolari – 10/3/2015

“Grazie Presidente, io vorrei ricordare come questo articolo risponda ad un appello accorato, direi preoccupato, delle autorità di vigilanza sulla base anche di raccomandazioni che sono già state ricordate del Fondo monetario e della Commissione europea. Il problema nasce da lontano, è da anni che se ne discute ma accelera nel 2013 quando non vengono soddisfatti i requisiti di capitale stabiliti a livello europeo e quindi si stava profilando il rischio che al problema del debito pubblico in Italia si sovrapponesse anche un problema di sostenibilità della situazione delle banche.
Si è rimediato nel corso del 2014 con grande fatica perché raccogliere capitali per queste banche è molto difficile, perché chi ci mette i soldi a quei soldi sa che non corrisponde un diritto di voto. Vorrei dire solo questo, che noi ragioniamo ancora in uno schema antico che è precedente alla direttiva europea sulla risoluzione delle crisi bancarie, il cosiddetto bail-in. Si può essere d’accordo o non d’accordo ma quella direttiva e gli orientamenti che stanno prevalendo in tutto il mondo dicono che non solo non si salvano i banchieri – il che è giusto – ma non si salvano più le banche, si salvano solo i piccoli depositanti e per questo le banche devono avere un’elevata capitalizzazione. Io personalmente ho qualche perplessità su questa lettura che risponde però a un movimento di opinione molto diffuso che ha trovato il suo apice nel cosiddetto movimento Occupy Wall Street in base al quale si deve salvare main street, cioè meno ristrette c’è il piccolo depositante, le persone, e non Wall Street, cioè le banche. Allora il rischio derivante da un’insufficienza di capitale o da un eccesso di indebitamento di leverage di una banca è un rischio che diventa sistemico e gravissimo. Credo che a questo rischio e a questo appello che ci viene rivolto dalle autorità di vigilanza noi non possiamo rimanere indifferenti, dobbiamo dare una risposta urgente.”

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“Piano con il reddito di cittadinanza e non smontare la Fornero” intervista di Ernesto Auci a Giampaolo Galli su FIRSTonline – 07/03/2015

Giampaolo Galli, deputato PD ed ex direttore generale Confindustria, e’ stanco ma euforico. “Il Governo è appena riuscito a far approvare in Commissione, vincendo le opposizioni provenienti da un po’ tutti i gruppi politici, il decreto che obbliga la trasformazione delle banche popolari in SPA.”E’ una cosa enorme – dice Galli in questa intervista a FIRSTonline – sono più di vent’anni che si tenta di smontare il grumo di potere che si coagula intorno alle popolari e che con il tempo ha finito per essere un freno alla crescita del Paese. Questo Governo sta facendo cose incredibili, dimostrando di non voler affievolire la spinta riformista nonostante il miglioramento della situazione finanziaria ed i primi segnali di una ripresa economica. Si pensi alla scelta di non cedere ai desiderata del Parlamento che voleva l’esclusione dei licenziamenti collettivi dalle nuove regole sull’art. 18. Il Governo ha detto no, sia perché questa esclusione sarebbe stata contro la lettera della delega, ma soprattutto perché in caso contrario la nostra credibilità riformista verso gli osservatori internazionali sarebbe andata a ramengo. Avremmo fatto la solita figura di chi annuncia grandi riforme e poi cerca tutti i cavilli per vanificarle.”

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“Germania – Italia: un rapporto difficile?” Post fazione di Giampaolo Galli alla ricerca: Educare alla cittadinanza, al lavoro ed all’innovazione – Il modello tedesco e le proposte per l’Italia (a cura di Associazione Treellle e Fondazione Rocca)

Gli italiani nutrono sentimenti quanto mai ambivalenti nei confronti della Germania. Da un lato assai spesso additano questo o quell’aspetto della società tedesca come modello da imitare o comunque come esempio di buona pratica da cui trarre ispirazione. Dall’altro, imputano alla Germania varie colpe, più o meno gravi, nella gestione delle politiche economiche, in particolare da quando è scoppiata la crisi dei debiti sovrani che tanto ha pesato e sta pesando sui destini dei popoli europei in questi ultimi anni. Questa ambivalenza divide la politica italiana, al punto che la divisione fra “amici” e “avversari” della Germania è diventata una linea di separazione che taglia trasversalmente gli schieramenti ed è forse più importante delle tradizionali faglie ideologiche della politica italiana ed europea. Una delle accuse più pesanti che si muovono vicendevolmente i politici è di agire secondo i desiderata della Germania o peggio ancora e, impropriamente personalizzando, della sua “cancelliera di ferro”. Qualche intellettuale, anche di notevole fama, ha resuscitato fantasmi del passato e narra di immaginari piani tedeschi volti a dominare l’Europa attraverso la gestione delle politiche economiche dell’eurozona.

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“Innovare imparando da Berlino” – Giampaolo Galli su Il Sole 24 Ore – 21/01/2015

Gli italiani nutrono sentimenti quanto mai ambivalenti nei confronti della Germania. Da un lato assai spesso additano questo o quell’aspetto della società tedesca come modello da imitare. Dall’altro, imputano alla Germania varie colpe, più o meno gravi, specie nella gestione delle politiche economiche, in particolare da quando è scoppiata la crisi dei debiti sovrani all’interno dell’Eurozona.

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