“Dagli anti-euro solo demagogia – L’uscita dalla moneta unica avrebbe effetti devastanti sull’economia” Giampaolo Galli su Il Sole 24 Ore – 29/04/2014

I partiti noeuro di vari Paesi si stanno attrezzando con pamphlet propagandistici e decaloghi che hanno in comune alcune parole chiave. Analizzandole una per una ne esce rafforzato il giudizio di quasi tutti gli economisti, anche quelli più critici nei confronti della moneta unica, i quali concordano che la rottura dell’euro, in qualunque delle sue possibili configurazioni, avrebbe conseguenze assolutamente devastanti.

  • Segretezza. La prima e fondamentale parola chiave dei decaloghi noeuro è segretezza. Va mantenuta l’assoluta segretezza circa l’intenzione di uscire dall’euro. La decisione dovrebbe essere assunta di sorpresa, alla mezzanotte di domenica e comunque a mercati chiusi. La ragione è che va evitato il collasso delle banche che si produrrebbe per via del panico dei depositanti i quali non aspetterebbero certo l’ora x per vedersi convertire i propri euro in lire o dracme svalutate. Va altresì evitato il panico degli investitori che manderebbe deserte le aste dei titoli pubblici e anche di quelli privati. Il problema qui è che non si capisce come la decisione possa essere tenuta segreta. Già oggi i noeuro, legittimamente in democrazia, espongono le loro idee nella campagna elettorale europea. Cha faranno dopo? Staranno zitti sino all’ora x, altrimenti succede un disastro?
  • Bank Holiday. Nei giorni successivi alla decisione le banche dovrebbero essere chiuse per evitare che le persone prelevino contante o chiedano di convertire asset da euro a dollari o altre valute terze. Si argomenta che basterebbero pochi giorni. Ma l’esperienza mostra che difficilmente si potrebbero portare a termine tutte le operazioni necessarie in meno di sei mesi, tenendo conto che la stampa delle nuove banconote non potrebbe certo essere tenuta segreta se avesse inizio prima dell’ora x. Qui il punto è che non si capisce come un’economia possa sopravvivere a una chiusura delle banche per più di pochi giorni.
  • Controlli valutari. Molti propongono di mettere in piedi un sistema di controlli sui movimenti di capitali molto rigido, forse simile a quello che l’Italia costruì negli anni ’70. Ma non si capisce davvero come un simile apparato di controlli possa essere ricostruito in un fine settimana.
  • Lex monetae applicata al debito pubblico. A chi obietta che una svalutazione della moneta aggraverebbe il problema del debito pubblico perché determinerebbe una maggiore onerosità della componente del debito detenuta da non residenti, i noeuro ribattono con questa espressione un po’ criptica, lex monetae, che starebbe a indicare il diritto di uno stato sovrano di ridenominare i propri debiti nella propria valuta. Il problema è che la ridenominazione sarebbe una plateale violazione di un impegno contrattuale, in sostanza un default. Dopo di che, chi comprerebbe più i titoli dello Stato italiano? A questa domanda, davvero cruciale, alcuni rispondono che per evitare di dover ricorrere al mercato bisognerebbe mantenere un avanzo primario, ma anche azzerare il debito in essere (!). Di fronte alla prospettiva di un simile disastro, altri propongono di rinunciare alla lex monetae, dunque riconoscono che la svalutazione appesantirebbe ulteriormente il rapporto debito/pil, ma sono costretti ad argomentare che la svalutazione – chissà perché – sarebbe di entità molto limitata.
  • Lex monetae applicata ai debiti privati. Lo Stato sovrano potrebbe imporre la ridenominazione in lire dei debiti verso l’estero di banche e imprese per evitare il default dei soggetti con rilevanti passività sull’estero. Si riconosce però che ciò potrebbe comportare conseguenze negative sulle imprese interessate. Come fare dunque? Qualcuno propone di commissariare le grandi banche per valutare se esse abbiano la necessità di essere salvate con soldi pubblici. Altri fanno notare che i salvataggi sarebbero necessari non solo per le grandi imprese ma anche per una miriade di piccole imprese che, ad esempio, utilizzano materie prime importate. Insomma qui le cose si complicano davvero e comunque c’è bisogno di tanto Stato e tanto debito pubblico per salvare banche e imprese.
  • Il miraggio sovranità monetaria. Questo è il nucleo della propaganda noeuro che ci promette al tempo stesso la fine dell’austerity, perché uno stato sovrano potendo pagare nella moneta che esso stampa a volontà non può fallire (!), e il bengodi della crescita, perché finalmente saremmo liberi dalla schiavitù del cambio fisso. E’ appena il caso di ricordare che, ben che vada, la politica monetaria può perseguire uno dei due obiettivi. Verosimilmente in uno scenario dilaniato dai default pubblici e privati essa sarebbe costretta a monetizzare il debito e quindi ad accettare un’inflazione elevata che molto rapidamente si rimangerebbe i vantaggi della svalutazione in termini di competitività.

Alla fine, chi sopravvivrà al trauma non vedrà più crescita, ma più debito, inflazione, fallimenti a catena, disoccupazione di massa, la fine dell’Unione Europea e tensioni politiche internazionali dalle conseguenze imprevedibili.

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