Il miraggio che il debito non conti, con Carlo Cottarelli, 06.08.2018, La Stampa

Agli allarmi degli economisti sui rischi di crisi finanziaria che incombono sull’Italia se si abbandonasse una linea di fermezza circa l’appartenenza all’euro e di prudenza in materia di conti pubblici, alcuni esponenti dell’attuale maggioranza rispondono che la volontà del popolo è sovrana e non può accettare di essere subordinata a volontà terze, men che meno alla volontà dei mercati finanziari. Dunque può anche darsi che ci siano dei rischi, ma se il popolo sovrano ritiene che sia giusto, ad esempio, aumentare la spesa per il reddito di cittadinanza, questa cosa deve essere fatta.  Sulla base di questo argomento vengono censurati i governi degli anni scorsi, in quanto rei di aver ceduto alle pressioni dei mercati e dunque, in qualche modo, di aver svenduto la democrazia italiana, se addirittura l’Italia stessa, a una élite finanziaria che, secondo alcuni, dominerebbe il mondo. Questi argomenti connotano in modo molto netto, le posizioni che generalmente vengono definite sovraniste e che sono largamente trasversali fra destra e sinistra.

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La riforma della costituzione e l’economia: la sfida della veduta lunga. Da “formiche, novembre 2016”.

La riforma costituzionale è cruciale per le prospettive dell’economia perché, come diceva Tommaso Padoa-Schioppa, l’Italia ha quasi sempre avuto governi con la “veduta corta”. La riforma pone le premesse per allungare la veduta dei governi perché elimina due fattori di potenziale instabilità: la necessità di ottenere la fiducia di due camere, spesso con maggioranze diverse, e l’eccessivo potere che fu dato alle regioni con la riforma del 2001.

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La sfida dell’articolo 70, già persa dalla destra – L’Unità, 18 ottobre 2016

La critica di gran lunga più dura e apparentemente motivata fra quelle avanzate dal fronte del No riguarda la nuova formulazione dell’articolo 70. Si dice che questo articolo è lungo, che manca di una clausola di chiusura per risolvere eventuali controversie fra le due camere ed infine che è scritto male, assomigliando più al testo di un qualunque decreto milleproproghe che a un testo della costituzione. Su l’Unita del 15 ottobre Pietro Ichino ha spiegato il motivo per il quale questo articolo è più lungo di quello della costituzione vigente che, come noto, dice in una riga che “la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”. Il punto è che, dovendosi superare il bicameralismo paritario, occorre distinguere fra le funzioni delle due camere e dire cosa fa l’una e cosa fa l’altra. Ed è bene che la distinzione sia operata in maniera analitica e precisa in modo da evitare per quanto possibile eventuali zone grigie e quindi possibili contenziosi fra Camera e Senato. Per questo motivo vi sono vari rinvii ad altri articoli e commi della Costituzione. Molti gridano allo scandalo (la costituzione è un orrore!), ma – come ricorda Ichino – nessuno è riuscito sinora a scrivere quelle stesse cose in un formato più facilmente leggibile e sintetico.

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Riforma della Costituzione, la polemica sull’articolo 70: nella riforma Berlusconi del 2006 era più lungo e complicato. Identico il meccanismo di risoluzione delle controversie.

Nel testo riportato in questo  link  si mettono a confronto due versioni dell’articolo 70 della Costituzione: quella proposta dal governo Berlusconi nella riforma che fu sottoposta  a referendum nel 2006 e quella che viene proposta nella attuale riforma. Come si vede, entrambi sono molto più lunghi dell’articolo 70 della Costituzione vigente che recita semplicemente: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”.  Il motivo è molto semplice: se si supera il bicameralismo paritario (come avveniva anche nella proposta del 2006),  Camera e Senato non fanno più la stessa cosa e quindi bisogna dire cosa fa l’una e cosa fa l’altro. E bisogna dirlo con notevole dettaglio in modo da evitare incertezze e contenziosi. Dunque la critica che il nuovo articolo 70 è lungo e complesso è di per sé poco fondata. E’ del tutto strumentale quando viene da esponenti del centro destra che nel 2006 avevano proposto un articolo 70 che era addirittura più lungo di quello di cui si discute oggi. Precisamente nel nuovo testo ci sono 441 parole mentre in quello del 2006 ce n’erano 588, un terzo di più. Se poi si guarda al contenuto si scoprono due cose. La prima è che il testo del 2006 è molto complesso e pieno di rimandi ad altri articoli della costituzione. Il secondo è che la clausola di chiusura nel caso di contenziosi è  la stessa che troviamo nel testo di oggi, in base alla quale i Presidenti delle Camere decidono, d’intesa tra loro, le eventuali questioni di competenza. Dunque chi dice che manca una vera clausola di chiusura e ci saranno infiniti contenziosi, avrebbe anche l’obbligo di dire quale altra clausola si potrebbe inventare.

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