“Sull’articolo 18 lasciamo spazio alla contrattazione tra le parti” Giampaolo Galli su Il Sole 24 Ore – 25/09/2014

Forse c’è un modo per riformare il nostro codice del lavoro, evitando scontri all’arma bianca che rischiano di bloccare tutto. L’idea è la seguente. La legge definisce una nuova tipologia di contratto a tempo indeterminato in cui, nel caso di licenziamento giudicato illegittimo, la sanzione è non più la reintegra ma un indennizzo monetario crescente con l’anzianità di servizio come sembra essere nelle intenzioni del governo. Per qualche tempo, questo nuovo contratto convive con il contratto a tempo indeterminato oggi in vigore. A seguito della riforma, le imprese potrebbero quindi assumere con uno dei due contratti. Se assumono con il contratto senza reintegra dovranno però pagare di più. Quanto di più? La legge potrebbe affidare il compito di fissare il quantum alla contrattazione collettiva, nazionale o aziendale, salvo definire, nelle more, una maggiorazione standard ad esempio del 5%. La contrattazione avrebbe il vantaggio di obbligare tutte le parti a rivelare le loro vere preferenze. Se i sindacati ritengono che l’abolizione della reintegra sia davvero un vulnus grave ai diritti non si accontenteranno del 5% fissato per legge e chiederanno il 10 o il 15%. Le imprese accetteranno questa maggiorazione se pensano che l’abolizione della reintegra valga davvero questo aggravio di costo. Una volta definito il quadro normativo e contrattuale, impresa e lavoratore sono liberi di incontrarsi scegliendo l’uno o l’altro contratto. Un’impresa può decidere che in generale o per certe mansioni la maggiorazione definita dal contratto è eccessiva e quindi continuerà a offrire solo contratti tradizionali. Simmetricamente un lavoratore può decidere che, laddove venga offerto, è meglio accettare un contratto che paga di più, ma è meno sicuro. Data l’attuale grave situazione della disoccupazione, è ben possibile che un lavoratore non abbia in pratica la possibilità di scegliere e sia costretto ad accettare l’unico contratto, con o senza reintegra, che gli viene proposto.  Questo non dovrebbe essere un problema perché comunque è tutelato dall’accordo sindacale che ha fissato a monte la maggiorazione.

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Giampaolo Galli: intervento in commissione Bilancio sulla Disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali (esame Testo unificato C. 750 e abb)

Giampaolo GALLI (PD) osserva che il provvedimento in esame si pone in contrasto con le politiche di liberalizzazione perseguite dall’attuale Governo e presenta profili contrastanti con il diritto dell’Unione europea in materia di concorrenza, prevedendo la predisposizione di accordi territoriali che potrebbero configurarsi quali veri e propri «cartelli» tra imprese, passibili di sanzioni da parte dell’Autorità antitrust. Esprime, inoltre, perplessità in merito alla prevista istituzione, in un momento come quello attuale, nel quale si sta procedendo a consistenti interventi di riduzione della spesa pubblica, del Fondo per il sostegno delle micro, piccole e medie imprese del commercio, che rappresentano un settore con profili di criticità sul piano dell’efficienza economica e della competitività, in ragione dell’incapacità di realizzare economie di scala.

Il sottosegretario Pier Paolo BARETTA, segnalando che il proprio intervento è stato limitato agli aspetti finanziari del provvedimento e non ha riguardato il merito dello stesso, si dichiara disponibile ad un approfondimento degli aspetti sostanziali.

Tratto dal bollettino relativo alla seduta della Commissione Bilancio della Camera del 17 settembre 2014.

Dichiarazione di voto di Giampaolo Galli – esame congiunto del Rendiconto dello Stato per l’esercizio finanziario 2013 e delle disposizioni per l’assestamento per l’anno finanziario 2014

Il giudizio sul rendiconto 2013 non può che essere positivo perché sono stati tenuti sotto controllo i conti pubblici, il livello del disavanzo e dell’avanzo primario si sono collocati su valori migliori rispetto alla media dei Paesi europei. L’assestamento 2014 conferma queste tendenze.

A questi aspetti indubbiamente positivi ne corrispondono altri più problematici: l’ulteriore compressione delle spese per investimenti e il calo delle entrate tributarie dovuto alla recessione dell’economia.

L’aspetto che più ha suscitato preoccupazione è l’aumento del rapporto debito/PIL fino a oltre il  132 per cento.

Come ha già osservato la Corte dei Conti, il tema diventa quello di quanto l’aggiustamento fatto sino ad ora sia tale da mettere in sicurezza l’Italia sotto il profilo della sostenibilità del debito pubblico. E dunque qual è lo sforzo aggiuntivo che deve ancora essere compiuto.

I dati ci dicono che, malgrado il cattivo andamento dell’economia che perdura sino al 2 trimestre di quest’anno, l’Italia ha fatto sostanzialmente ciò che era necessario per mettere sotto controllo la dinamica del rapporto debito/pil.

Sbagliano coloro che ritengono che l’Italia sia su un sentiero di insostenibilità del debito.

Sotto il profilo tecnico, osserviamo che, secondo le stime della Commissione europea, all’indebitamento netto pari al 3% corrisponde un disavanzo strutturale, ossia sostanzialmente corretto per il ciclo, pari a 0,7%. L’Italia dunque, anche nella valutazione della Commissione, non è lontana dal pareggio strutturale.

A questa considerazione, se ne aggiunge un’altra che è ampiamente condivisa dagli addetti ai lavori e nota agli investitori, e contribuisce a spiegare la fiducia che ci stanno accordando i mercati e dunque il calo degli spread.   Si ritiene cioè che la realtà del nostro deficit strutturale sia migliore di quanto non emerga dalle stime della Commissione. E’ uno dei molti punti che vanno chiariti a Bruxelles. Basti considerare che nel solo anno 2011 l’Italia ha fatto quattro manovre che assommano, secondo le stime di Banca d’Italia, a quasi il 5% del PIL come effetto sull’indebitamento 2013. Questo grande sforzo non è pienamente riflesso nei dati ufficiali della Commissione per motivi che sarà opportuno approfondire.

L’implicazione è che con una manutenzione intelligente dei risultati già raggiunti i parametri di finanza pubblica dovrebbero indirizzarsi nella direzione della sostenibilità non appena la situazione congiunturale e l’inflazione tornassero ad una condizione di relativa normalità.

Non è dunque giustificato il pessimismo che circola in alcuni ambienti riguardo alle prospettive del nostro debito.

E’vero invece – lo dobbiamo dire con forza – che i sacrifici fatti dagli italiani in questi anni non sono stati inutili.

Non hanno alcun senso le ipotesi di ristrutturazione del debito che sono apparse anche sulle prime pagine di alcuni quotidiani italiani.

La ristrutturazione del debito non sarebbe affatto una liberazione dalla necessità di perseguire la disciplina di bilancio, ma sarebbe una forma estrema di austerity concentrata in un brevissimo periodo di tempo. Sarebbe una tassa straordinaria e straordinariamente elevata, nell’ordine di svariate decine di punti di Pil. Per confronto la stretta fiscale operata dal governo Monti nel 2012 è stata di 2,5 punti di Pil.

Appare evidente che crollerebbe, ben più di quanto non sia accaduto sino ad oggi, la domanda interna con effetti devastanti sulle imprese e sull’occupazione.

Un’altra conseguenza sarebbe il default delle banche, con tutte le conseguenze che ciò comporta, come insegna l’esperienza della Grecia.

E’ difficile immaginare come l’economia possa riprendersi dopo uno shock di questo tipo.

E’ però certo che ci vorrebbero molti anni segnati da sofferenze sociali mai sperimentate prima.

Questo governo muove dall’assunto che bisogna tenere ferma la barra del timone dei conti pubblici perché le alternative sono molto peggiori, non per chi detiene capitali all’estero, ma per il popolo, per il nostro popolo, in particolare per i più deboli.

Dobbiamo ora fare ogni sforzo per rilanciare la crescita attraverso le riforme che questo governo ha iniziato a fare. E’ questa la condizione per negoziare con successo un cambiamento delle politiche europee.

Vanno ridotte le tasse sul lavoro, come non si è mai fatto prima e come invece si è iniziato a fare con il bonus Iperf di 80 euro.  I margini ci sono. Devono venire dalla spending review, che va fatta con grande serietà e determinazione, come è stato ribadito dal Presidente del Consiglio nonché in questa sede proprio oggi dal Ministro dell’Economia.

La riduzione delle tasse e le riforme servono perché oggi la nostra burocrazia, la giustizia, il fisco  sembrano fare di tutto per scoraggiare gli investimenti.

Le riforme in campo istituzionale ed economico che questo governo ha impostato, assieme al mantenimento di una ragionevole disciplina di bilancio, rimangono dunque le condizioni necessarie per la ripresa della produzione e dell’occupazione. Sono l’ingrediente indispensabile per poter finalmente tornare a percorrere il sentiero della crescita.

Per questi motivi, di natura tecnica e politica, dichiaro che il gruppo del PD voterà a favore dei due provvedimenti che sono oggi all’Odg.

> Consulta i due disegni di legge:

  • Rendiconto generale dell’Amministrazione dello Stato per l’esercizio finanziario 2013. (C. 2541)
  • Disposizioni per l’assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l’anno finanziario 2014. (C. 2542-A)

> Guarda il video dell’intervento in Aula

“Un grave errore l’abolizione dell’interesse composto. Troppa demagogia sull’anatocismo. Il Parlamento rischia di fare danni” intervista a Giampaolo Galli su FIRSTonline – 29/07/2014

Secondo il parlamentare del Pd, Giampaolo Galli (ex Bankitalia), il Parlamento correggendo le norme del decreto Guidi sta creando enormi distorsioni sul cosiddetto anatocismo, gli interessi sugli interessi che i creditori debbono alle banche – Cosi non si fa giustizia ma si fanno solo danni – La lezione di Raffaele Mattioli.

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“No a espropri per ridurre il debito pubblico” – intervista a Giampaolo Galli su Formiche.net

Il parlamentare del Pd, già direttore generale di Confindustria, boccia l’ipotesi di un trasferimento coercitivo del risparmio previdenziale nel risanamento dei conti di cui si è parlato in seminari tra rappresentanti del Tesoro e investitori italiani ed esteri. L’economista nutre anche qualche perplessità sul piano del renziano Marco Carrai…

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