Se il Pil è fuori moda, di Giampaolo Galli, Inpiù, 11 settembre 2020

Il Pil è forse un po’ fuori moda, ma rimane la variabile cruciale cui guardare anche ai fini dello sviluppo umano della nostra società. Questo è l’argomento del governatore di Bankitalia Ignazio Visco in un corposo passaggio del suo recente discorso all'”Euroscience Forum 2020″. Il tema dell’intervento era la crescita economica e il ruolo della conoscenza, ma Visco ha fatto un lungo detour per argomentare che si riscontra una elevata correlazione (oltre il 90%) fra l’indice dello sviluppo umano elaborato dalle Nazioni Unite e il Pil. In particolare, fra i 200 paesi considerati, quelli con un più alto Pil procapite, hanno anche i più elevati livelli di istruzione e un’aspettativa di vita alla nascita più lunga; vi contribuiscono – dice Visco – condizioni igieniche migliori, una migliore alimentazione, sistemi sanitari più sviluppati. Aggiungiamo che vi contribuiscono condizioni di lavoro infinitamente migliori nei paesi ricchi rispetto agli altri; inoltre tipicamente, i paesi più ricchi hanno un indice di Gini che segnala minori diseguaglianze.

L’unico fattore dello sviluppo umano che è correlato negativamente con il Pil è l’ambiente, in particolare per le emissioni di carbonio, il che pone una sfida enorme a tutti i paesi del pianeta. Anche in questo caso però, chi ha un Pil più alto è avvantaggiato perché si può permettere di attuare misure per la transizione ambientale che per i paesi più poveri sono probabilmente inaccettabili.

Insomma, il Pil ha molti limiti come hanno messo in evidenza molti economisti (Visco cita, tra gli altri, Nordhaus, Tobin, Sen, Stiglitz), ma rimane la variabile chiave su cui puntare per i progetti del Recovery Fund, specie in un paese come l’Italia che non cresce da quasi trent’anni. E’ una questione – conclude Visco – che va ben oltre la sfera dell’economia: ne va della salute dei cittadini, della qualità del tempo libero, del complessivo standard di vita. C’è da sperare che il crollo del Pil dovuto al Covid-19 abbia convinto di queste semplici verità anche i critici più refrattari, quelli che in nome del contrasto al “potere di un numero singolo” (il titolo del best seller di Philipp Lepenies) sono diventati, più o meno consapevolmente, cultori della decrescita felice. Ancora fino a pochi mesi fa molti pensavano che i pur necessari interventi compensativi del governo, sorretti dalla stampante della Bce, potessero annullare la caduta del reddito dovuta al lockdown. Oggi, tutti dovrebbero aver capito che se non si produce non c’è Pil e senza Pil, alla fine, non c’è né reddito né qualità della vita.

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