Negoziato UE: come uscirne, di Giampaolo Galli e Alfredo Macchiati, Inpiù, 29 marzo 2020

Per ottenere risultati in un negoziato, bisogna sapere esattamente qual è la ragione del contendere e quali sono le ragioni degli altri. Nel negoziato in corso al Consiglio Europeo, la ragione del contendere è che l’Italia, e alcuni altri paesi ad alto debito, temono di non farcela ad affrontare la crisi con mezzi propri e quindi chiedono una garanzia europea, ossia a carico dei paesi a basso debito. Se questa è la sostanza del negoziato, le ragioni degli altri sono facilmente comprensibili e sono uguali e simmetriche alle nostre: per i leader del Nord è molto difficile spiegare ai loro elettori-contribuenti che devono devolvere risorse, anche solo eventuali, a favore dei paesi ad alto debito.

E se noi temiamo che un’Europa percepita come poco solidale sia un’autostrada per i nostri sovranisti, i leader del Nord sanno che un “regalo” ai paesi considerati “cicala” sarebbe un’autostrada per i loro sovranisti. Dunque che fare? La prima cosa da fare è smettere di puntare il dito contro coloro a cui, di fatto, stiamo chiedendo aiuto; questo è un comportamento autolesionista simile a quelli di Tzipras e Varoufakis nel 2015 e non può che irrigidire i nostri interlocutori esponendo la nazione a rischi molto seri. La seconda è capire che, se andiamo oltre i simboli, i paesi del Nord hanno già accettato una qualche forma di Eurobonds: tali sono infatti le emissioni della Bei per il piano Juncker, ora InvestEu, e le emissioni del Mes.

Si tratta di rispondere a varie domande che, al di là delle possibili alchimie finanziarie, sono essenzialmente le seguenti: chi è responsabile e in quale misura verso i creditori? Quali sono i progetti per i quali si vuole avere un debito in comune? Chi decide dell’utilizzo dei soldi e chi controlla? A queste domande ci sono infinite combinazioni di risposte possibili. Una di queste prevede che i Paesi Membri ricapitalizzino la Bei, magari usando i fondi del Mes, per potenziare la sua capacità di sostenere, ad esempio, la liquidità delle Pmi. Il premier Conte ha detto che non si sta pensando alla mutualizzazione del debito: vero, nel senso che non si parla del vecchio debito, ma di quello nuovo che servirà per affrontare l’emergenza.

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Infatti, non c’è dubbio che nella proposta italiana, il nuovo debito verrebbe mutualizzato, perché altrimenti, se ogni Stato continuasse a garantire pro quota i “propri” Coronabonds, non si capisce a cosa servirebbero e quale beneficio ne trarremmo; ci sarebbero i Coronabonds italiani, con lo stesso tasso dei Btp, i Coronabonds tedeschi, con il tasso dei Bund ecc. Insomma, cerchiamo di essere chiari su ciò che vogliamo. Ed evitiamo di scaricare i problemi politici di casa nostra sugli altri, dando così spazio agli oltranzismi degli opposti sovranisti. Una soluzione può e deve essere trovata.

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