Coronavirus: i veri rischi per l’economia mondiale, di Giampaolo Galli, Inpiù, 24 febbraio

Secondo Il Fondo monetario internazionale, la diffusione del virus Covid-19 ridurrà dello 0,1%, ossia un’inezia, la crescita mondiale 2020 (dal 3,3% al 3,2%) e dello 0,4% (dal 6% al 5,6%) la crescita della Cina. E’ una previsione basata su ipotesi molto ottimistiche su gravità e durata del contagio: la direttrice generale del Fondo, Kristalina Georgieva, ha spiegato che questo scenario presuppone che l’economia cinese torni alla normalità già nel secondo trimestre, ma avverte che si possono facilmente costruire scenari molto più drammatici. Forse è di questi scenari più negativi che occorre occuparsi. I fatti che sono successi negli ultimi giorni in Italia, ad oggi il paese occidentale più colpito, non lasciano tranquilli. Si può pensare di sigillare qualche borgo con poche migliaia di abitanti e attorno a questi di creare zone rosse presiediate dall’esercito, in cui non circolano i mezzi pubblici, sono sigillate le stazioni ferroviarie e sono chiusi tutti i locali pubblici, incluse fabbriche e uffici.

Ma cosa succede se il virus si diffonde, come sembra stia accadendo, nelle grandi città? Per quanto tempo si possono fermare le attività produttive? Forse alcune decine di dipendenti di una multinazionale si possono fermare per qualche giorno a spese dell’azienda o con il normale aiuto della Cassa Integrazione. Ma se la diffusione del virus ci obbligasse a fermare intere città come Milano o Roma, sarebbe un’altra storia e non ci si può non chiedere che cosa possa e debba fare lo Stato. Il pensiero ovvio è che in questo caso le popolazioni e le aziende colpite chiederebbero aiuto allo Stato, come già sta succedendo e come ovviamente succede quando ci sono calamità naturali, ad esempio un terremoto. Ma c’è una differenza fondamentale fra un terremoto e un’epidemia. Un terremoto colpisce zone circoscritte, di qualche decina o centinaia di chilometri quadrati, mentre l’epidemia può colpire aree enormemente più grandi e nell’ipotesi peggiore diventare una vera e propria pandemia che colpisce l’intero globo. Quand’anche la mortalità non fosse molto elevata, se per frenare la diffusione del virus si dovessero adottare su scala globale misure drastiche come quelle che sono state assunte in Lombardia e Veneto, o addirittura quelle ancora più drastiche adottate a Wuhan, è evidente che gli effetti sull’economia e sui bilanci pubblici sarebbero più simili a quelli di una guerra che a quelli di un terremoto. Ponendo in questi termini la questione, gli scenari che vengono alla mente sono descritti da termini come accaparramento dei beni di prima necessità (per ora siamo solo all’accaparramento delle mascherine), razionamento, disavanzi pubblici fuori misura rispetto ai tempi di pace, monetizzazione e iper-inflazione. Anche se non si arrivasse a questo – speriamo! – è già oggi piuttosto facile prevedere un ulteriore nuovo round di aumenti dei debiti pubblici, dopo quelli già notevolissimi che si sono verificati a causa della crisi finanziaria globale. E, in questo caso, per le banche centrali sarebbe molto difficile non assecondare le politiche di bilancio.

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