Non regge la “flat tax” su base incrementale, di Giampaolo Galli, Inpiù, 16 luglio 2019

La flat tax applicata agli incrementi di reddito è apparsa sui giornali per un giorno o due e poi sembra essere scomparsa. Nella irrituale riunione di ieri al Viminale con le parti sociali, a quanto pare, non se ne è più parlato. Forse i suoi sostenitori nel governo si sono accorti che non sta in piedi o forse hanno deciso che intanto si rilancia la proposta Siri (aliquota al 15% per tutti i redditi famigliari fino a 55mila euro) con il suo costo insostenibile – fra 10 e 15 miliardi, a seconda delle detrazioni che verrebbero abolite- e poi si vedranno le proposte di mediazioni. In effetti la tassa al 15% sugli incrementi di reddito era stata proposta come una mediazione possibile per avviare un percorso di riduzione delle tasse che fosse però compatibile con la condizione della finanza pubblica. Ma è una mediazione che non regge in punto di equità orizzontale.

Con questa tassa infatti, due contribuenti con lo stesso reddito in un dato anno sarebbero soggetti a oneri differenziati in funzione del loro reddito nell’anno precedente. Poniamo che Tizio abbia migliorato il proprio reddito da 30 a 40mila euro: sull’incremento di 10mila pagherebbe solo il 15%, ossia 1.500. Poniamo invece che Caio abbia mantenuto il proprio reddito allo stesso livello di 40mila oppure sia sceso da 50mila a 40mila. Caio non avrebbe alcun vantaggio dal nuovo sistema e pagherebbe più di Tizio, malgrado che il suo reddito sia uguale a quello di Tizio. Poiché non si ravvisa alcun buon motivo per effettuare questa discriminazione è probabile che il sistema non passi il vaglio della Corte Costituzionale. Va aggiunto che la proposta mette in allarme le parti sociali perché non è chiaro come si raccordi con la detassazione dei premi di produttività che ha ormai assunto una certa importanza sia come strumento per incentivare la contrattazione aziendale, sia come sostegno concreto alle retribuzioni dei lavoratori. Un ulteriore elemento di preoccupazione è legata al fatto che la flat tax sugli incrementi di reddito favorisce il lavoro autonomo che ha redditi molto più variabili nel tempo rispetto al lavoro dipendente e, soprattutto, favorisce chi la variabilità se la può procurare con una accorta gestione di pagamenti, incassi e fatture. Vanno infine aggiunte due considerazioni. La prima è che non risulta che un sistema siffatto abbia precedenti al mondo. La seconda è che qualora lo sconto fiscale in un dato anno fosse posto in relazione all’incremento di reddito non rispetto all’anno precedente, ma rispetto all’anno di avvio della riforma – cosa che sembra coerente con lo spirito di una proposta di mediazione -, a regime tutti, o quasi tutti, pagherebbero l’aliquota del 15%, il che sarebbe un colpo fatale per i nostri conti pubblici.

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