Zingaretti, un programma senza debito, di Giampaolo Galli, Inpiù, 5 marzo 2019

Consiglio non richiesto al neo segretario Pd: punti su competitività e risanamento della finanza pubblica 

Con tutta evidenza, Zingaretti è riuscito a interpretare le aspirazioni di un gran numero di elettori del Pd e questo è un bene per l’opposizione, ma anche per la democrazia italiana. Il suo successo è anche dovuto al programma economico, che è una sapiente calibratura di elementi di continuità con la tradizione riformista del PD e di elementi di rottura per tenere conto delle nuove questioni: i limiti della globalizzazione, le diseguaglianze, le nuove povertà, la sostenibilità sociale e ambientale, i cambiamenti climatici. Per affrontare questi problemi, Zingaretti vede l’esigenza di recuperare un ruolo forte per lo Stato nell’economia, che a suo avviso si sarebbe perso negli ultimi dieci o vent’anni. Si può essere scettici sulla possibilità che in Italia possa avere successo una ricetta del genere, dopo i disastri dell’industria pubblica nel passato, ma il ritorno dello Stato è probabilmente il segno dei tempi e sarà forse meglio discutere di proposte concrete, quando e se queste varranno avanzate, piuttosto che di impostazione generale.

Una questione sulla quale invece non ci si può proprio esimere dal dare un consiglio forte al nuovo segretario è quella del debito pubblico. Nelle 44 pagine del programma elettorale di Zingaretti non compaiono mai le espressioni “debito”, “disavanzo”, “conti pubblici”, il che è davvero strano e non può essere attribuito a una svista. La critica all’attuale governo non riguarda infatti lo sforamento del deficit. “Al contrario – ha scritto Zingaretti -, noi siamo quelli che vogliono chiudere definitivamente la stagione fredda dell’austerità, per riavviare il processo di sviluppo e affrontare le grandi questioni sociali che ci affliggono. È il cuore della nostra battaglia in Europa”. Dunque il debito non è citato, perché non lo si considera un gran problema.

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Il tema del reperimento delle risorse pubbliche è presente – lotta all’evasione fiscale e revisione della spesa – ma non viene messo in relazione al tema del debito, bensì all’esigenza di perseguire cinque grandi obiettivi: New Deal verde, agenda per l’uguaglianza, strategia per la piena e buona occupazione, sistema Italia per l’impresa, rilancio del Mezzogiorno. Tutte cose condivisibili naturalmente, ma che fanno un po’ i conti senza l’oste e per questo non sono elencate nell’ordine più convincente: nessuno di quegli obiettivi può essere perseguito se non riparte la crescita e non si riduce il rapporto debito-Pil. E per far questo l’obiettivo prioritario non può che essere quello del “sistema Italia per l’impresa” o, più semplicemente, della competitività, una parola forse poco di moda e poco utile per vincere le primarie, ma che, nella realtà dell’Italia di oggi, rimane tremendamente attuale.

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