Web tax: ecco l’odg accolto dal governo alla Camera

Oggi, nel corso dell’esame alla Camera della legge di stabilità, gli on.  Lorenza Bonaccorsi,  Paolo Coppola, Marco Causi e Giampaolo Galli hanno presentato un ordine del giorno in materia di web tax . Di seguito il testo.

Ordine del Giorno n. 43 all’ Atto Camera: 1865 – “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2014)

La Camera,

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premesso che:

lo scorso 22 ottobre 2013 la Commissione Europea ha creato un “Gruppo di Esperti di Alto Livello” allo scopo di esaminare la migliore soluzione per regimi di tassazione dedicati al settore dell’economia digitale in Europa, con attenzione sia ai benefici che ai rischi di diversi approcci;

lo scorso 13 gennaio 2012 la Commissione Europea ha avviato un percorso per la semplificazione degli adempimenti IVA transfrontalieri per il commercio elettronico ed i servizi di telecomunicazione, primo passo verso l’introduzione di uno sportello unico per gli scambi UE a partire dal 1 gennaio 2015;

a partire dal 1 Luglio 2014 l’Italia avrà la presidenza del Consiglio Europeo e potrebbe affrontare il tema della tassazione nell’era globale in quella sede, avendo così a disposizione adeguati strumenti giuridici;

l’articolo 26 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea sancisce il principio della libertà di stabilimento e della libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali secondo le disposizioni dei trattati all’interno di uno spazio senza frontiere interne;

il Presidente del Consiglio, On. Enrico Letta, in occasioni pubbliche ed istituzionali, non ultimo nel corso del proprio intervento al Digital Agenda Annual Forum organizzato da Confindustria lo scorso 21 ottobre 2013, ha ribadito la centralità dell’Agenda Digitale per l’Italia quale riforma per lo Stato e la necessità di un cambio culturale e di mentalità verso le nuove tecnologie e l’innovazione, in grado di creare posti di lavoro e aumentare la competitività del Sistema Paese:

Considerato che:

il comma 17-ter dell’AC 1865, disegno di Legge recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2014)”, ha introdotto a seguito dell’approvazione dell’emendamento 1.1702, nuova formulazione, l’obbligo per i soggetti passivi che intendano acquistare servizi di pubblicità on line, anche attraverso centri media ed operatori terzi, ad acquistarli da soggetti titolari di una partita IVA italiana;

la disposizione prevede inoltre che gli spazi pubblicitari on line e i link sponsorizzati che appaiono nelle pagine dei risultati dei motori di ricerca, visualizzabili sul territorio italiano durante la visita di un sito o la fruizione di un servizio on line attraverso rete fissa o rete e dispositivi mobili, devono essere acquistati esclusivamente attraverso soggetti titolari di partita IVA italiana

a quanto risulta, non è stato esperito l’obbligo di notifica relativo a progetti delle regolamentazioni tecniche relative  ai prodotti e, quanto prima possibile, ai servizi della società dell’informazione, alla Commissione e agli altri Stati membri prima che queste siano adottate nelle legislazioni nazionali, come previsto dalla direttiva 98/34/CE (ex 83/189/CEE).

tale notifica in fase di progetto e il successivo esame con conseguente valutazione del contenuto, al fine di diminuire il rischio di originare barriere ingiustificate tra i diversi Stati membri, si propone di garantire trasparenza e controllo sulle regolamentazioni indicate;

il Servizio Studi della Camera dei Deputati – Dipartimento Bilancio, nel proprio documento di sintesi delle proposte di emendamento approvate all’AC 1865, con riferimento all’emendamento 1.1702, nuova formulazione approvato nella seduta del 13 dicembre 2013, sottolinea come appaia opportuno verificare la compatibilità con la normativa comunitaria in materia di libertà di circolazione di beni e servizi;

come riportato da alcune fonti di stampa lo scorso 9 dicembre, il Governo avrebbe predisposto parere negativo alla proposta emendativa già presentata al Senato sottolineandone il contrasto con i principi di libertà di stabilimento e di libera circolazione delle merci dei servizi e dei capitali di cui all’articolo 26 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) ed inoltre con i principi di cui all’articolo 41 della Costituzione, che stabilisce la libertà dell’iniziativa economica privata, che implica anche la libertà di commerciare fuori dei confini del territorio nazionale;

Considerato inoltre che:

la previsione che siano visualizzabili sul territorio italiano durante la visita di un sito o la fruizione di un servizio on line attraverso rete fissa o rete e dispositivi mobili, esclusivamente spazi pubblicitari online e link sponsorizzati acquistati attraverso soggetti titolari di partita IVA italiana è contraria alla natura stessa della rete di internet, e la sua implementazione sarebbe possibile solamente attraverso la creazione di un sistema di filtraggio della rete che non esiste in alcun Paese democratico;

già oggi l’IVA sui servizi prestati per via elettronica è dovuta nel paese di destinazione quando il committente sia soggetto passivo e nelle transazioni tra un soggetto non stabilito nel territorio dell’Unione e un consumatore finale; dal gennaio 2015, lo stesso principio varrà anche per le transazioni B2C intracomunitarie. Considerato che si fa esplicito riferimento al solo caso di committenti che siano soggetti passivi, si tratta di una misura senza effetto alcuno sul piano del gettito IVA;

Il meccanismo, pur non esplicitato, sembrerebbe quello di costringere le imprese straniere ad aprire partita IVA per poter dimostrare, attraverso tale requisito formale, che dispongono di una “stabile organizzazione” nel nostro paese, così da realizzare il presupposto per l’applicazione delle imposte sui redditi a tale organizzazione riferibili. Tuttavia, è ingiustificato ritenere che sussista un’equazione necessaria tra la titolarità della partita IVA e una “stabile organizzazione”; e, anzi, proprio il già citato regolamento n. 282/2011 all’articolo 11 comma 3 preclude questa conclusione, sostenendo che «il fatto di disporre di un numero di identificazione IVA non è di per sé sufficiente per ritenere che un soggetto passivo abbia una stabile organizzazione

senza adeguate norme interpretative, la norma costringerebbe a chiudere le decine di migliaia di agenzie che in Italia acquistano pubblicita’ dai grandi gruppi internazionali e la rivendono a inserzionisti italiani, a totale nocumento quindi del sistema produttivo italiano;

allo stesso modo, la norma metterebbe in una situazione di illegitimità tutti i contratti già siglati da inserzionisti italiani, che potrebbero condurre anche a richieste di risarcimento danni nel caso la norma in questione fosse effettivamente dichiarata contraria alle disposizioni europee.

impegna il Governo:

a notificare quanto prima la norma alla Commissione UE, come previsto dalla direttiva 98/34/CE (ex 83/189/CEE).

ad intraprendere ogni iniziativa urgente utile a evitare che la norma introdotta procuri un danno anche solo indiretto allo sviluppo dell’economia digitale nel nostro paese, eventualmente anche sospendendo gli effetti della norma introdotta, con particolare riferimento al sistema produttivo italiano, e valutare l’opportunità di prevedere meccanismi correttivi della disposizione in oggetto e aggiungere meccanismi di forte impulso allo sviluppo dell’economia digitale nel nostro Paese in un primo provvedimento utile.

On. Lorenza Bonaccorsi

On. Paolo Coppola

On. Marco Causi

On. Giampaolo Galli

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