Sindacati e imprese sfidano il governo, ma anche il PD – Giampaolo Galli su l’Unità – 05/09/2013

Il  documento firmato a Genova da sindacati e Confindustria  ripete concetti detti e ridetti tante volte. Ma ripetere le cose ovvie è utile, anzi necessario, nei momenti in cui le cose ovvie sembrano dimenticate. Ed è un bene che le dicano insieme imprese e sindacati. Non era scontato che riuscissero a farlo. In momenti di grandi difficoltà può prevalere il senso di responsabilità e la consapevolezza dei destini comuni, ma possono anche prevalere le spinte corporative volte ad accaparrarsi, l’un contro l’altro, le poche risorse disponibili. E’ prevalsa la responsabilità ed è auspicabile che ciò si traduca in comportamenti conseguenti e dunque in accordi su tutte le questioni che riguardano direttamente le parti sociali: dai contratti, alla flessibilità in entrata, al problema posto da Fiat di una legge sulla rappresentanza.

La prima cosa ovvia del documento è enunciata in apertura: la governabilità è un valore da difendere perché vuol dire stabilità ed è “condizione determinante per riavviare un ciclo positivo della nostra società”. Concetto ovvio appunto, ma che è quanto mai utile ripetere in un contesto in cui il Pdl procede con inaccettabili aut aut e a giorni alterni minaccia di togliere il sostegno al governo. Nel giugno scorso il Ministro Saccomanni fu quasi sbeffeggiato per avere parlato di segnali di ripresa, sia pur deboli, a fine anno. Oggi questa analisi è condivisa da quasi tutti i centri di ricerca. E tutti sottolineano però che una crisi di governo, al buio e senza sbocchi possibili o ragionevoli, rimetterebbe in discussione questa prospettiva ed esporrebbe l’Italia ai venti gelidi dei mercati internazionali, quei venti che in questi giorni si stanno abbattendo, con la forza di un ciclone, sui quasi tutti i paesi emergenti. Chi ha il polso della situazione economica – le parti sociali fra questi – non riesce a distogliere lo sguardo da questi sviluppi. Su queste cose non si scherza. Anche perché, come ha ripetuto di recente il direttore del Fondo Monetario Christine Lagarde, la crisi dei debiti sovrani nell’eurozona è tutt’altro che superata; si è fatto qualche passo avanti, gli spread si sono ridotti, ma la brace è ancora ardente e basta poco per riattizzarla. L’incertezza politica in Italia è citata dagli analisti come uno dei principali fattori di rischio che incombono non solo sull’Euro e sull’Europa, ma sulle prospettive dell’economia mondiale.

Nella valutazione delle parti sociali si può cogliere anche un messaggio per il PD che, interpretando, può essere letto così: non ci occupiamo delle vostre faccende interne e del vostro congresso, ma ricordatevi anche voi che la stabilità è un valore. Insomma fate quello che volete, ma non mettete in difficoltà il governo. I prossimi giorni saranno cruciali per capire se il messaggio è pervenuto.

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Il secondo concetto ovvio del documento è che la governabilità assume un significato concreto solo se genera adesso soluzioni ai problemi reali delle imprese e del lavoro.  E qui viene la stoccata che non è piaciuta al Pdl:  “Le iniziative promosse in questi giorni per assicurarla (ndr la governabilità) hanno però sottratto … risorse che sarebbero state meglio impiegate per misure più efficaci per il rilancio delle imprese e il sostegno dei lavoratori”. Il linguaggio è cauto e giustamente rispettoso dell’esigenza di assicurare la governabilità, ma la sostanza è chiara: la priorità non è l’Imu, ma il lavoro e le imprese. Per il Partito Democratico questo è un altro concetto ovvio, ripetuto un numero infinito di volte. Ma è utile ripeterlo, dal momento che alla fine il governo ha dovuto fare diversamente. In queste parole c’è la piena consapevolezza che la condizione del nostro bilancio pubblico non consente di fare tutto: Imu, Iva, Irap, cuneo fiscale, riduzione del prelievo sui redditi bassi, credito d’imposta per la ricerca ecc. In realtà, per ora non siamo neanche riusciti a coprire seriamente l’abolizione della prima rata di giugno, a meno della clausola di salvaguardia che prevede altri aumenti degli acconti Irap e Ires e delle accise. I famosi 16 miliardi all’anno di tagli promessi da Berlusconi in campagna elettorale – 80 miliardi in cinque anni –  sono non pervenuti. Saccomanni ha individuato tagli veri, non lineari, sul 2013 per circa un miliardo. Il Pdl protesta contro i tagli e rilancia con mega proposte propagandistiche. Verrebbe voglia di dire un sonoro basta, un basta alla demagogia e alle chiacchiere. Ma è bene che prevalga la responsabilità, oltre  all’ammirazione per l’infinita pazienza di Enrico Letta e Fabrizio Saccomanni.

Dalla rassegna stampa – Sindacati e imprese sfidano il governo, ma anche il PD

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