I saldi di Target2 si sgonfieranno – con Lorenzo Codogno, Il Sole 24 Ore, 26 settembre 2017

La questione dei saldi che si stanno formando sul sistema dei pagamenti interbancari dell’Eurozona (Target2) sta tornando sulle prime pagine dei giornali tedeschi, con commenti acrimoniosi nei confronti della Bce e dei paesi della periferia dell’eurozona.

I numeri in gioco sono impressionanti e hanno superato di gran lunga i picchi che avevano raggiunto al culmine della crisi dell’Eurozona nell’estate del 2012. Il saldo attivo della Germania ha raggiunto a luglio 856 miliardi di euro; sommando gli altri principali paesi in attivo (Olanda, Finlandia e Lussemburgo) si arriva a circa 1,2 mila miliardi. A fronte di questi attivi vi sono il passivo dell’Italia (414 miliardi) seguito a ruota dalla Spagna (371) e a distanza da Portogallo, Grecia e altri minori. Si discute se questi incrementi siano un fattore di preoccupazione e se siano a lungo sostenibili.

Da parte di alcuni analisti tedeschi (si veda ad esempio, Hans Werner Sinn su questo giornale il 2 agosto scorso) si sottolinea che i saldi di Target2 sono un finanziamento automatico e in linea di principio illimitato, sia nel tempo che nei valori, dei disavanzi della bilancia dei pagamenti, incluse le esportazioni di capitali, dei paesi periferici. Da questo punto di vista, si potrebbe dire che essi rappresentano la realizzazione di ciò che sognava Keynes a Bretton Woods per il sistema globale: un  finanziamento quasi  automatico a favore dei paesi in disavanzo per non far pesare su di essi l’onere dell’aggiustamento delle bilance dei pagamenti.

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Tutto ciò non piace a Sinn e a molti altri esponenti dell’establishment tedesco, secondo i quali la Bundesbank dovrebbe addirittura svalutare il proprio attivo, in quanto composto in gran parte da crediti inesigibili verso i paesi periferici.  Da parte di costoro vengono avanzate proposte di riforma che in qualche modo si ispirano al sistema dei pagamenti interbancari americani nel quale una volta all’anno, salvo diversa decisione del Board di Washington, i debiti vengono saldati attraverso trasferimenti di certificati aurei o di buoni del tesoro fra le dodici banche del sistema della Riserva Federale. Come è evidente, l’improbabile attuazione di queste proposte produrrebbe una violenta destabilizzazione di tutta l’area dell’euro.

La tesi opposta è che i saldi di Target2 sono normali conseguenze dell’operatività delle banche centrali, specie in periodi da grandi iniezioni di liquidità nel sistema. Questa tesi è sostenuta dalla Bce e anche dalla Bundesbank (si veda il Bollettino Mensile del marzo 2016).  Si sottolinea in particolare che molti degli acquisti di titoli delle banche centrali nazionali nell’ambito del QE sono effettuati da operatori non residenti, spesso localizzati a Londra, che operano con il sistema della BCE tramite filiali o banche corrispondenti situate in Germania e che hanno conti presso la Bundesbank. La liquidità così creata, ad esempio, dalla Banca d’Italia emigra in Germania e viene registrata nella bilancia dei pagamenti e nei saldi di Target2 come una esportazione di capitali.

Entrambi questi punti di vista hanno una loro giustificazione.

Dal punto di vista contabile, la variazione nel tempo dell’attivo netto di Target2 di un paese è uguale sia al saldo della bilancia dei pagamenti (partite correnti più movimenti di capitale) sia alla differenza fra gli utilizzi della base monetaria (circolante più riserve bancarie) e le fonti interne di creazione della base monetaria (prestiti alle banche e acquisti sul mercato aperto): questi saldi svolgono dunque una funzione molto simile a quella che una volta svolgevano le riserve ufficiali. Il motivo per il quale conosciamo i saldi dei singoli paesi, ma non quello, ad esempio, del Lazio o della Baviera è che le banche sono tenute ad operare con la banca centrale del proprio paese. L’intermediazione delle banche centrali modifica radicalmente il rischio di controparte nelle operazioni bancarie transfrontaliere. Per questo motivo, Antonio Foglia, rispondendo a Sinn l’8 agosto scorso, faceva notare che le banche tedesche hanno trasferito sulla Bce il rischio bancario dei paesi periferici: attraverso Target2, esse prestano alla Bundesbank, che, attraverso la Bce e la Banca d’Italia, presta alle banche italiane. In questo modo il sistema continua a finanziare il surplus di partite correnti della Germania, ma le banche tedesche non rischiano più nulla.

Guardando la questione più da vicino, l’intermediazione ha luogo perché alle banche italiane conviene indebitarsi con la Banca d’Italia, a tasso zero, anziché sul mercato interbancario; e alle banche tedesche conviene parcheggiare la liquidità presso la Bundesbank, a tasso negativo, piuttosto che assumersi il rischio di controparte con banche italiane (o di altri paesi della periferia) sui cui pesano, oltre a problemi specifici, gli stessi fattori che influiscono sul rischio sovrano.

La conclusione è che la preoccupazione di Sinn è eccessiva: i saldi di Target2 dovrebbero sgonfiarsi man mano che si normalizzerà la politica monetaria. È però essenziale che per allora l’Italia riesca a ridurre quanto più possibile il rischio sovrano, altrimenti lo spread di rendimento che oggi penalizza i nostri titoli di Stato rischia di trasferirsi anche sul costo del funding delle banche e, per questa via, su quello del credito a famiglie e imprese: il tempo dei finanziamenti delle banche centrali a tasso zero non può durare all’infinito.

Quanto alla Germania, l’unico modo che ha per contenere il suo credito sull’estero è quello di spingere sulla domanda interna e ridurre il suo enorme avanzo commerciale.

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