Web tax: la via nazionale alla tassazione delle web companies è ancora molto lontana – con Sergio Boccadutri, FIRSTonline, 16 maggio 2017

I due parlamentari del Pd passano ai raggi X il cosiddetto emendamento Boccia alla manovrina di bilancio che è noto come web tax anche se il testo non ne parla esplicitamente – Tutti i pro e i contro della norma in discussione alla Camera

Il corposo emendamento alla manovrina (ben quindici commi, come si può vedere a qui) a prima firma dell’on. Francesco Boccia va sotto il nome di web tax, anche se con il web c’entra assai poco e non è chiaro in che senso esso definisca una nuova tassa. In sintesi, l’emendamento prevede che le multinazionali (imprese con ricavi consolidati superiori a 1 miliardo di euro) che vendono in Italia beni o servizi per un ammontare superiore a 50 milioni di euro possano presentare un interpello all’Agenzia delle Entrate per valutare la sussistenza o meno dei requisiti che configurano una stabile organizzazione, cosa che attualmente è ammessa solo in casi molto limitati. Qualora l’Agenzia constati la sussistenza della stabile organizzazione, essa definisce anche le somme dovute (comma 5). Se l’impresa paga quanto richiesto dall’Agenzia le sanzioni amministrative sono ridotte alla metà (comma 6) e viene esclusa la punibilità del reato di omessa presentazione della dichiarazione (comma 7). In questo caso, ai sensi del comma 9, l’Agenzia comunica all’autorità giudiziaria l’avvenuta definizione dei debiti tributari. Nel caso invece in cui l’impresa non accetti la valutazione dell’amministrazione finanziaria, l’Agenzia può adottare un avviso di accertamento, con applicazione piena delle sanzioni, anche in relazione ai periodi d’imposta per i quali siano già scaduti i termini di decadenza. Il comma 8 dell’emendamento, all’ultimo periodo, prevede, infatti, una deroga ad libitum dei termini di decadenza previsti dalla normativa vigente. Pertanto, se l’amministrazione dovesse ritenere che la stabile organizzazione esisteva anche venti addietro, essa potrebbe richiedere il pagamento di imposte, interessi e sanzioni di venti anni fa!

A un primo esame vi sono due aspetti forse positivi ed uno che appare inaccettabile. Un primo aspetto positivo è che in tutto l’emendamento non si fa mai riferimento al web o a suoi sinonimi (bit, rete, internet ecc.). Dopo tanto parlare di web tax si presenta una norma che non si applica specificamente alle imprese del web, ma a tutte le grandi imprese multi localizzate che vendono anche in Italia. E’ un fatto positivo nel senso che si comincia forse a prendere atto che ormai tutta l’economia sta nella rete e che, concettualmente, non vi è nulla di speciale con imprese come Google o Facebook. Un altro aspetto probabilmente positivo è l’ampliamento delle possibilità di ricorrere all’interpello per la valutazione della stabile organizzazione. Il punto che non si comprende è il comma 8 perché esso configura una penalizzazione, potenzialmente molto pesante, proprio a carico delle imprese che decidono di rivolgersi all’Agenzia delle Entrate. Insomma, un’impresa che decide di collaborare rischia molto di più di chi rimane nell’ombra. Verosimilmente, per via di questo comma, le imprese saranno riluttanti a utilizzare questa nuova possibilità di collaborazione con l’amministrazione finanziaria.  Un altro punto critico riguarda i vantaggi di cui si è detto per le imprese che accettino la valutazione dell’amministrazione fiscale. In particolare vi è il vantaggio della non punibilità del reato di omessa dichiarazione in misura maggiore di quanto previsto per la generalità dei contribuenti. Anche oggi, infatti, il pagamento del debito tributario costituisce per tutti i contribuenti una causa di non punibilità del reato di omessa dichiarazione. Tuttavia oggi, perché operi tale causa, è necessario che il versamento delle somme dovute avvenga entro il termine della dichiarazione dei redditi del periodo di imposta successivo. L’emendamento Boccia invece non fissa un termine e pertanto sembra riconoscere la causa di non punibilità anche nelle ipotesi in cui il versamento di quanto dovuto avvenga in periodi successivi. Questo rappresenta indubbiamente un incentivo a collaborare, ma non è facile spiegare per quale motivo le imprese multinazionali debbano avere un trattamento privilegiato rispetto agli altri contribuenti. Peraltro se questa disparità di trattamento fosse eliminata, verrebbe pressoché eliminato l’incentivo a collaborare e sarebbe ancora meno chiaro come si possa affermare che la norma produce un gettito aggiuntivo per lo Stato.

A meno di ritenere che quel riferimento obliquo all’autorità giudiziaria contenuto nel comma 9 intenda prefigurare un ampliamento per via giudiziaria del concetto stesso di stabile organizzazione.  Ma se questo è il retropensiero, non si può non osservare che il concetto di stabile organizzazione può essere modificato solo per legge. Inoltre, non si capisce come questa norma, a maggior ragione se emendata del privilegio concesso dal comma 7 alle multinazionali, possa essere di aiuto al magistrato che indaga sui casi in cui la stabile organizzazione esiste, ma non è dichiarata.

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Insomma, al di là dei proclami, siamo ancora molto lontani dall’aver trovato una via nazionale alla tassazione dei giganti del web. La scusante è che il tema è obiettivamente assai complesso.

L’articolo originale, su FIRSTonline, può essere letto qui

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