La sfida dell’articolo 70, già persa dalla destra – L’Unità, 18 ottobre 2016

La critica di gran lunga più dura e apparentemente motivata fra quelle avanzate dal fronte del No riguarda la nuova formulazione dell’articolo 70. Si dice che questo articolo è lungo, che manca di una clausola di chiusura per risolvere eventuali controversie fra le due camere ed infine che è scritto male, assomigliando più al testo di un qualunque decreto milleproproghe che a un testo della costituzione. Su l’Unita del 15 ottobre Pietro Ichino ha spiegato il motivo per il quale questo articolo è più lungo di quello della costituzione vigente che, come noto, dice in una riga che “la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”. Il punto è che, dovendosi superare il bicameralismo paritario, occorre distinguere fra le funzioni delle due camere e dire cosa fa l’una e cosa fa l’altra. Ed è bene che la distinzione sia operata in maniera analitica e precisa in modo da evitare per quanto possibile eventuali zone grigie e quindi possibili contenziosi fra Camera e Senato. Per questo motivo vi sono vari rinvii ad altri articoli e commi della Costituzione. Molti gridano allo scandalo (la costituzione è un orrore!), ma – come ricorda Ichino – nessuno è riuscito sinora a scrivere quelle stesse cose in un formato più facilmente leggibile e sintetico.

E’ già stato spiegato che l’analogo articolo della costituzione tedesca è altrettanto complesso. Un altro confronto che si può fare è con la proposta di riforma fatta dal governo Berlusconi, quella per intenderci che fu bocciata nel referendum del giugno 2006. Sentendo le violente critiche che vengono dai colonnelli del centro destra proprio su questo articolo, vien voglia di andare a vedere cosa essi fossero stati in grado di escogitare. Ebbene, mettendo a confronto i due testi, si scopre innanzitutto che quello del 2006 è più lungo. Precisamente, nel nuovo testo ci sono 441 parole mentre in quello del 2006 ce n’erano 588, un terzo di più. In secondo luogo, nel testo del 2006 si contano 16 rinvii ad altri articoli, commi o periodi; nel testo del 2016 siamo scesi leggermente, a 14. In entrambi i testi, la maggior parte dei rinvii riguarda l’elencazione delle materie o leggi per le quali è previsto il mantenimento del procedimento bicamerale. In buona misura, i due testi elencano le stesse materie, anche se con un ordine diverso.

I due testi hanno in comune un’altra caratteristica molto importante: la clausola per la risoluzione delle controversie. Nel testo del 2016 tale clausola prevede che “i Presidenti delle Camere decidono, d’intesa fra di loro, le eventuali questioni di competenza…”. Il testo del 2006 era praticamente identico. Quindi c’è da chiedersi cosa intendano i critici di centro-destra quando dicono che il nuovo articolo 70 sarà fonte di mille controversie e che manca una clausola di chiusura per la risoluzione delle controversie. Quale altra clausola si può escogitare oltre all’intesa fra i due Presidenti?

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Come si vede dunque su tutte le questioni sulle quali si appuntano le critiche degli esponenti di centro destra, e non solo, essi non erano stati in grado di fare nulla di meglio o di diverso nel 2006. Ciò dimostra ulteriormente, se ancora ve ne fosse bisogno, quanto siano strumentali e politiche le loro critiche. Peraltro, nella dichiarazione di voto a favore della riforma al suo primo passaggio al Senato, l’8 agosto 2014, il capogruppo di Forza Italia, Paolo Romani, dichiarava la soddisfazione del suo gruppo per il fatto che si era riusciti a superare finalmente il bicameralismo, “delineando un assetto parlamentare e un procedimento legislativo più snello con una netta distinzione di ruoli fra Camera e Senato…”, nonché per essere riusciti a correggere finalmente le storture del Titolo V. Insomma allora la riforma andava bene. Oggi sarebbe un pasticcio e metterebbe addirittura in pericolo la democrazia. Il fatto evidente è le critiche del centro destra non hanno costrutto! Questo dovremo essere capaci di far capire agli elettori nelle prossime settimane. E a chi, come Stefano Parisi, rilancia oggi l’idea di una futuribile quanto improbabile assemblea costituente possiamo rispondere con le parole pronunciate allora dal capogruppo di Forza Italia: “Non cadiamo nella trappola del benaltrismo e del rilancio continuo che non porta mai a nulla. Un passo nella direzione giusta non è certo l’intero cammino, ma non per questo si può rinunciare a compierlo. Non ha senso e non è nell’interesse del Paese accantonare il bene invocando il meglio”.

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